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Una donna in Svezia rischia 2 anni di carcere per una vignetta satirica sull’Islam
di Cesare Sacchetti
Una mamma di 32 anni in Svezia rischia due anni di carcere perchè su Facebook ha condiviso un post di satira sui musulmani. La notizia è stata riportata dal giornale svedese Friatider che racconta come la donna sia finita sotto la lente investigativa delle autorità locali per un contenuto condiviso in un gruppo privato sul popolare social network.
E’ il secondo episodio simile che si registra recentemente nel paese scandinavo, dopo quello accaduto al pensionato Denny Abrahamsson, che sarà processato il prossimo giugno per le sue idee espresse sull’Islam, sempre su Facebook. Nel caso del signor Abrahamsson, l’uomo era finito sotto accusa perchè aveva sostenuto che l’Islam è una religione di stampo fascista e che esiste un forte legame tra l’aumento degli stupri in Svezia e l’aumento dell’immigrazione.
Tutto questo gli era valsa l’accusa di “incitamento all’odio”, per la quale sarà processato il prossimo giugno. In questa occasione invece, la mamma svedese di Göteborg è stata accusata di aver condiviso una vignetta satirica irrispettosa nei riguardi della religione islamica, ma il reato penale che avrebbe commesso resta sempre quello di incitamento all’odio.
La vignetta satirica per la quale è finita sotto accusa la 32enne svedese
La 32enne, dopo che il suo post era stato segnalato da un utente su Facebook alle autorità locali, è stata chiamata a presentarsi presso la stazione di polizia di Ernst Fontell a Göteborg, dove è stata persino costretta a fare il test del DNA, richiesta che appare del tutto fuori luogo considerate le ragioni per le quali la donna è stata convocata.
E’ stata poi sottoposta ad un interrogatorio piuttosto brutale, durante il quale ha provato invano a scusarsi, ribadendo che lei non ha nessun pregiudizio contro i musulmani, ma piuttosto è ostile agli estremisti islamici che militano nell’ISIS.
“Non ho nulla contro i musulmani, la migliore amica è musulmana”, ha dichiarato la donna alle autorità di polizia che le hanno persino chiesto se nutrisse dei pregiudizi nei confronti della società multiculturale. Tutto questo non è valso a convincere gli investigatori del caso che hanno deciso lo stesso, su ordine del procuratore Sara Toreskog, di rinviare a giudizio la 32enne per incitamento all’odio, una tipologia di reato che potrebbe costarle ben due anni di carcere.
Per le autorità di polizia, i contenuti condivisi su Facebook dalla donna sono pregiudizievoli nei confronti dei musulmani, e pertanto vanno perseguiti penalmente. Si apre a questo punto una seria riflessione sulla libertà di espressione in Svezia e in Europa, mai a rischio quanto in questo momento.
Le idee e i contenuti espressi sull’Islam nel caso della donna e del pensionato svedese, possono essere o meno condivisibili ma relegarli nella categoria di “incitamento all’odio” appare un modo per attentare alla libertà d’espressione.
Soprattutto gli episodi che si registrano da un po’ di tempo a questa parte in Svezia, non riguardano mai persone che esprimono contenuti critici nei confronti di altre religioni, come il cristianesimo, ma piuttosto solo per la religione islamica.
Chiunque condivida idee che vedono in maniera negativa l’Islam, finisce sotto la lente investigativa delle autorità locali che spesso violano i confini della sfera privata delle opinioni personali, come quelle se si è favorevoli o no alla società multiculturale.
In Svezia, la polizia si sta tramutando in una sorta di polizia religiosa sul modello dell’Arabia Saudita che censura ogni contenuto giudicato offensivo verso l’Islam. Nel cuore dell’Europa democratica, si sta instaurando un regime islamista.
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