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Papa Francesco ha ordinato di versare 25 milioni di dollari destinati alla carità per risanare l’IDI
di Cesare Sacchetti
Uno scandalo finanziario di vaste proporzioni tocca nuovamente il Vaticano e in questa occasione la rivelazione viene direttamente dagli Stati Uniti. La Papal Foundation, la fondazione papale sotto il controllo dei cardinali statunitensi, ha dirottato, su ordine di Papa Francesco, 25 milioni di dollari destinati alle opere di carità nel mondo all’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI) di Roma, già al centro di gravi dissesti finanziari negli scorsi anni quando i suoi amministratori, tra i quali padre Franco Decaminada consigliere delegato dell’IDI, furono incriminati per bancarotta fraudolenta dalla magistratura.
La conferma arriva dai documenti interni della fondazione pubblicati dal sito americano LifeSiteNews, che grazie alle carte a disposizione ha fatto trapelare uno scandalo la cui eco non sembra ancora essere giunta in Italia.
Il Vaticano chiede 25 milioni di dollari alla Papal Foundation
La vicenda dei finanziamenti erogati dalla Papal Foundation all’IDI di Roma inizia la scorsa estate del 2017, quando dal Vaticano arriva la prima richiesta di stanziare una parte dei fondi a disposizione della fondazione, pari a 25 milioni di dollari, per risanare le casse dell’ospedale dermatologico di proprietà del Vaticano.
Il fatto viene descritto nella lettera di relazione del 5 gennaio di quest’anno del comitato direttivo della fondazione ai suoi membri laici, gli “stewart”, tra i principali finanziatori della Papal Foundation, dal momento che versano 1 milione di euro per diventarne membri.
Nella lettera si fa un breve excursus delle opere di bene svolte dalla fondazione, iniziate nel 1988 sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, e si riporta che per la prima volta nella sua storia è stata richiesta dal Papa “una donazione speciale pari a 25 milioni di dollari da versare in un periodo di tre anni come parte degli sforzi per procurare i finanziamenti ad un ospedale a Roma.”
La richiesta è senza precedenti nella storia trentennale della Papal Foundation, perchè le donazioni elargite in passato non hanno mai superato singolarmente i 200.000 dollari. Parte della ingente somma richiesta è stata già versata all’IDI a luglio del 2017, quando sono stati stanziati 8 milioni di dollari, e altri 5 milioni sono stati versati a gennaio del 2018.
Il comitato direttivo non manca di riconoscere l’eccezionalità di questa donazione, ma si impegna comunque a versare la metà mancante nell’anno in corso.
Le proteste dei membri laici della fondazione
Questa circostanza non manca di suscitare la perplessità degli stewart, ai quali l’intera faccenda appare come un tentativo di utilizzare in maniera distorta i loro fondi. Uno di questi, il presidente del comitato revisore dei conti, scrive una dettagliata relazione il 6 gennaio di quest’anno e denuncia l’anomalia di questa procedura “negligente nella sua natura, viziata nella sua revisione e contraria allo spirito della fondazione.”
Il presidente aggiunge che la prima tranche di 8 milioni all’IDI è stata versata senza “alcuna documentazione a sostegno” di come verranno utilizzati questi fondi ed evidenzia l’anomalia dell’erogazione complessiva di 25 milioni di dollari, quando “raramente in passato sono stati versati più di 200.000 dollari per una donazione.”
L’intero comitato incaricato della revisione dei conti sostiene la posizione del presidente ed esprime perplessità sul finanziamento di un ospedale coinvolto in uno caso di bancarotta e di corruzione che ha portato al recente rinvio a giudizio di 24 persone in un procedimento che vede un “passivo patrimoniale dell’IDI di 845 milioni di euro, 82 milioni a titolo di distrazione più l’utilizzo indebito di altri 6 milioni di fondi pubblici.”
Nonostante questo, il presidente del consiglio di amministrazione della Papal Foundation, il cardinale Wuerl, decide di sostenere in toto la posizione del Papa e del Vaticano appoggiando la richiesta di versare nelle casse disastrate dell’IDI l’enorme somma.
Nel dicembre scorso, il consiglio direttivo si riunisce dunque nuovamente per decidere se stanziare, dopo gli 8 milioni di luglio, altri 17 milioni di dollari all’IDI dei 25 richiesti e approva la decisione con una votazione passata grazie al sostegno dei 15 membri religiosi della fondazione, contro gli 8 voti contrari dei membri laici. A gennaio di quest’anno viene quindi versata un’altra tranche di 5 milioni di dollari nelle casse dell’ospedale romano.
Tutte queste circostanze portano alle dimissioni del presidente del comitato revisore dei conti e alle veementi proteste degli stewart preoccupati per un uso totalmente improprio dei loro fondi che andavano destinati a cause completamente differenti, come la lotta alla povertà nel mondo.
I tentativi di persuasione sui membri laici
Il 19 gennaio per placare gli animi degli stewart interviene direttamente il presidente della fondazione, il cardinale Bransfield che scrive una lettera firmata anche dai cardinali Dolan e Wuerl, dove si fa capire che la richiesta di questa donazione è arrivata direttamente da Papa Francesco e di appoggiarla “anche se molti di noi non approvano ogni sua decisione, ma lui è il Papa, e noi lo ascoltiamo, lo ascoltiamo con attenzione.”
Per cercare quindi di arginare il dissenso dei membri laici, il cardinale Wuerl scrive direttamente al segretario di Stato, il cardinale Parolin, per “chiedergli di non accettare altri fondi dopo l’approvazione della donazione di dicembre”, dal momento che metà della somma richiesta è già stata trasferita all’IDI.
Dalla lettera quindi sembra trapelare un non celato malcontento anche dei vertici direttivi della fondazione nei confronti di questa decisione del pontefice, ma nonostante questo si invita comunque a rispettare la volontà di Francesco per il voto di obbedienza fatto al Papa.
In Italia la vicenda non ha ancora suscitato un dibattito nell’opinione pubblica, ma non si può fare a meno di rilevare come gli iniziali impegni del Papa di utilizzare i mezzi a disposizione del Vaticano per la lotta alla povertà siano venuti meno per sostenere cause che non hanno nulla a che vedere con le opere di bene.
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