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Cesare Sacchetti

L’aereo di Netanyahu colpito e fermo in Giordania e le case vuote del premier israeliano: cosa è successo a Netanyahu il 29 settembre?

22/10/2024

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di Cesare Sacchetti

Israele, non è un segreto, è uno stato che ama molto vantarsi dei suoi presunti successi, e delle sue presunte operazioni contro i leader di Hezbollah oppure di Hamas, nonostante questa sia, come noto, una opposizione controllata dello stato ebraico, alla quale Tel Aviv si preoccupa di far giungere i fondi necessari.

L’espressione “presunti” non è stata certo scelta per puro caso, in quanto lo stato ebraico spesso non fornisce prova di questi suoi riusciti attacchi contro le varie figure nemiche di Hezbollah, e ci troviamo evidentemente di fronte ad una macchina della propaganda che vuole mostrare Israele come invincibile di fronte agli occhi della opinione pubblica internazionale, alla quale viene raramente detto il reale stato dell’arte nella guerra in corso contro il Libano.

All’opinione pubblica internazionale, ad esempio, non viene detto che un ex alto ufficiale delle forze armate israeliane stava facendo su X un dettagliato resoconto della situazione al fronte libanese, nel quale già almeno 1400 uomini dell’esercito israeliano sarebbero fuggiti dal campo di battaglia, e dove regnerebbe sovrana l’indisciplina e l’insubordinazione.

Così come sono state taciute le reali sorti del generale Halevi che pare si trovasse realmente nella base del deserto del Golan colpita dai droni di Hezbollah, anche se le forze armate israeliane hanno provato a smentire l’accaduto attraverso delle immagini che mostrano il capo di stato maggiore delle forze armate israeliane passeggiare nella base, nonostante questa in tali immagini appaia perfettamente intatta e pulita, a differenza di quello che invece si vedeva poche ore prima, con l’installazione militare ridotta ad un mattatoio, talmente tanto il sangue che era caduto a terra.

Il numero delle vittime pare essere stato pari almeno a 50, ma anche qui i media Occidentali si sono adoperati per minimizzare le perdite subite dagli israeliani.

E’ del tutto evidente che ci si trova di fronte ad una guerra della propaganda, una forse ancora più intensa di quella che si è vista nel conflitto in Ucraina, laddove i media Occidentali hanno costruito tutta una falsa narrazione secondo la quale la Russia andava incontro al disastro, quando, com’era ovvio a chi ha un minimo di comprensione militare, il disastro è stato per le forze armate ucraine, falcidiate dalla soverchiante forza russa.

Israele si sta adoperando ancora di più per nascondere le sue gravi perdite, e i media mainstream ovviamente corrono in suo soccorso pur di preservare l’aura di “potenza invincibile” che mai viene scalfita dagli attacchi avversari.

Gli spifferi però in questo muro della propaganda sionista pieno di crepe si fanno sempre più grossi, e in uno di questi sono passate quelle informazioni che Israele si adopera per nascondere.

I fatti del 29 settembre e l’attacco Houthi all’aereo di Netanyahu

E’ proprio in uno di questi spifferi che è trapelato il retroscena su quanto accaduto al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, vittima di un attacco missilistico lo scorso 29 settembre e, sul quale, i lettori ricorderanno, siamo stati i primi a riferire.

Che l’attacco ci sia stato è pacifico, tanto che non solo gli stessi Houthi lo hanno rivendicato ufficialmente, ma sono anche trapelate immagini da parte israeliana che mostravano effettivamente come quel giorno l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv si trovasse in stato di allerta, e come i passeggeri presenti si sono dati alla fuga dopo l’attacco.

Per comprendere comunque meglio quanto accaduto quel giorno, ci è utile ricostruire nel dettaglio le fasi che hanno accompagnato il ritorno di Netanyahu dal viaggio a New York nella sede delle Nazioni Unite, nella quale il primo ministro aveva tuonato contro  l’ONU, da lui definita “palude antisemita” , nonostante non ci sia certo nessuna simpatia da parte nostra nei confronti di questo simulacro di governance globale, ma ciò mette in rilievo, ancora una volta, la mania di persecuzione di certi ambienti sionisti ed ebraici, pronti ad apporre il marchio di infamia di “antisemiti” a tutti coloro che si oppongono ai loro deliri di onnipotenza.

Dopo aver dato l’ordine di attaccare il leader di Hezbollah, Nasrallah, Netanyahu sale a bordo del suo aereo governativo,  la cui sigla ufficiale è 4X-ISR.

Decolla alle 23:49, ora locale di New York, per giungere nella mattinata europea, attorno alle 9-10 del mattino nei cieli di Israele.

Qualcosa di strano o anomalo dev’essere accaduto in quegli attimi, poiché proprio in quel frangente l’aereo, giunto nei pressi del villaggio di Bet Shemesh, a poca distanza da Gerusalemme, spegne improvvisamente il trasponder e diventa invisibile ai radar che tracciano in tempo reale i tracciati degli aerei su Flighradar.

L’aereo di Netanyahu scompare improvvisamente dai radar la mattina del 29 settembre

Ricompare misteriosamente un’ora dopo all’aeroporto di Tel Aviv, proprio quando sarebbe avvenuto l’attacco missilistico degli Houthi.

Appare essere procedura di sicurezza standard staccare il trasponder in caso di attacco missilistico anche se questo non è decisivo per evitare l’impatto di un missile che si fonda sul principio del calore emanato dall’oggetto per raggiungere e colpire il suo obiettivo.

In quel frangente è probabile che i piloti dell’aereo di Netanyahu abbiano visto attraverso i loro strumenti di bordo che dei missili si dirigevano verso il loro velivolo.

Gli aerei israeliani sono infatti tutti dotati di un sistema di sicurezza antimissilistico chiamato Flightguard, che utilizza un radar doppler per rilevare eventuali missili in arrivo, per poi successivamente rilasciare quelle che vengono chiamate in gergo tecnico flares, ovvero delle fiammate termiche che fungono da diversivo per mandare il missile a vuoto.

L’aereo presidenziale di Israele chiamato con non poca enfasi “Wings of Zion” è dotato dello stesso sistema, e recentemente era stato anche sottoposto a degli aggiornamenti di sicurezza molto pubblicizzati dai media israeliani lo scorso luglio.

Né le contromisure del Boeing 767 né le sue manovre diversive sembrano comunque aver sortito gli effetti desiderati poiché una volta giunto all’aeroporto, l’aereo del primo ministro Netanyahu sembrerebbe essere stato colpito dai missili Houthi mentre si trovava sulla pista di atterraggio.

A quel punto, lo vediamo ricomparire improvvisamente su Flightradar per dirigersi subito verso Amman, in Giordania, probabilmente perché l’aeroporto di Tel Aviv non era praticabile in quegli istanti, e a conferma che la struttura non è stata pienamente operativa nei giorni successivi, c’è il fatto che diversi voli sono stati dirottati verso la Giordania.

L’ultimo viaggio dell’aereo governativo israeliano ad Amman

Secondo quanto ci è stato riferito da fonti di intelligence libanesi, l’aereo, una volta giunto ad Amman sarebbe stato nascosto in un hangar e coperto con dei teli per impedire agli operatori aeroportuali di vedere il danno che questo avrebbe subito.

La nostra fonte ha parlato direttamente con alcuni addetti dell’aeroporto di Amman che gli hanno riferito che l’aereo è ancora lì, e quanto riferito da questi coincide perfettamente con quanto si può vedere su Flightradar, poiché l’ultimo viaggio dell’aereo del primo ministro è proprio quello verso la Giordania.

Gli ultimi spostamenti del Boeing governativo israeliano

Il Boeing da allora non si è mosso da lì, e non corrisponde al vero quanto dichiarato dai media su un suo presunto spostamento a Gerusalemme la notte del 1 ottobre, quando l’Iran lanciò il suo massiccio attacco missilistico contro lo stato ebraico.

L’aereo non si è mai mosso dalla Giordania, anche perché non avrebbe potuto farlo nemmeno volendo, considerati i danni subiti dopo l’attacco missilistico degli Houthi, ed è già molto che sia riuscito ad arrivare ad Amman, in condizioni probabilmente alquanto precarie.

Non appena i missili yemeniti hanno colpito l’aereo governativo e l’aeroporto Ben Gurion, nel pomeriggio sono partiti degli attacchi israeliani contro lo Yemen che sembrano evidentemente essere la risposta di Tel Aviv al colpo che gli Houthi erano riusciti a mettere a segno poche ore prima.

Israele il 29 settembre bombarda i porti di Al Hudaydah e di Ras Isa, che si trovano proprio nelle zone controllate dalle milizie Houthi, a conferma che erano loro il bersaglio che lo stato ebraico voleva colpire.

Netanyahu in coma?

La domanda successiva dopo questa ricostruzione su quanto accaduto quel giorno, è soltanto una: cosa è successo dunque veramente a Netanyahu? Secondo quanto riferito da Tolkarem News, nel corso dell’impatto del missile contro l’aereo, una parte del Boeing si sarebbe squarciata, e il premier israeliano sarebbe rimasto gravemente ferito dalle schegge che avrebbero colpito la sua testa.

Subito dopo, il leader del Likud sarebbe stato ricoverato all’ospedale Sourasky di Tel Aviv, nel quale sarebbe stato dichiarato in stato di morte clinica.

Non sappiamo se da allora il primo ministro israeliano sia ancora nella stessa struttura ospedaliera, ma le citate fonti di intelligence libanese sono concordi nel dire che Netanyahu non sia mai uscito dal coma dal quale ancora oggi si troverebbe.

I video che abbiamo visto del premier sarebbero, di conseguenza, video di archivio non pubblicati in passato e, in larga parte dei casi, prodotti dell’intelligenza artificiale dal momento che presentano anche diverse anomalie, a partire dall’ultimo, nel quale si può vedere Netanyahu avvolto da uno strano alone bianco mentre cammina sopra un prato con alle sue spalle uno sfondo che sembra a sua volta artefatto.

Questo spiegherebbe perché Netanyahu dallo scorso 29 settembre non ha più tenuto una conferenza stampa, disdicendo quella programmata per quel giorno e che avrebbe essere dovuto essere la più importante dell’anno, con l’annuncio ai media di tutto il mondo del “successo” dell’operazione compiuta contro Nasrallah.

Al posto dell’attesa conferenza stampa, l’ufficio stampa del premier ha mandato un video pre-registrato, anch’esso probabilmente frutto della solita “intelligenza artificiale” che sta diventando un serio problema, considerate le implicazioni nel distinguere un video falso da uno vero, e considerato anche il fatto che in questo modo questa tecnologia consente di falsificare anche la narrazione politica, come in questo caso, dove Israele starebbe nascondendo al mondo quando accaduto al suo primo ministro.

Le case di Netanyahu sono vuote da 3 settimane

La farsa però, nonostante tutto, si è arricchita di altri capitoli, e uno di questi è proprio quello che riguarda l’attacco di droni di Hezbollah lanciato contro la residenza del primo ministro israeliano.

I droni sarebbero arrivati senza troppe difficoltà nei pressi dell’abitazione del premier e già questo denota, ancora una volta, tutte le debolezze della contraerea israeliana che non è in grado di fermare gli attacchi degli avversari.

La residenza era effettivamente vuota come hanno dichiarato gli israeliani, ma ciò che questi non hanno detto è che, proprio dal 29 settembre, il giorno dell’attacco Houthi, tutte e tre le case di Netanyahu, quella citata a Cesarea e le altre due a Gerusalemme, risultano essere vuote.

A rivelarci questo scenario sono state in questa occasione fonti di intelligence serbe e russe, che ci hanno informato che i servizi di questi due Paesi monitoravano con attenzione gli spostamenti del primo ministro israeliano e le sue comunicazioni telefoniche, ed entrambi hanno riscontrato che le case del leader del Likud sono disabitate da più di 3 settimane così come sono inattivi i numeri che egli utilizzava per comunicare.

Netanyahu non si è nemmeno visto, casualmente, all’ultima riunione della Knesset, alla quale invece ha partecipato il ministro della Difesa, Gallant, che ha annunciato con soddisfazione l’eliminazione di uno dei leader di Hamas, Sinwar.

Nessuna traccia invece del primo ministro che stranamente ha mancato un’altra occasione per rivendicare i “successi” del suo governo.

La visita di Tajani: altra foto di archivio con Netanyahu?

Ieri poi si pensava che finalmente il ministro (sic) degli Esteri, Tajani, potesse smentirci con la sua visita in Israele nella quale aveva annunciato di dover incontrare sia il suo omologo, Katz, sia proprio il primo ministro Netanyahu.

E invece, se possibile, la farsa si è fatta ancora più paradossale di quello che già non fosse. Tajani nella mattinata di ieri ha iniziato a pubblicare le sue foto del viaggio, e la prima della serie è stata proprio quella con Katz, nella quale lo vediamo indossare un vestito blu, una cravatta blu a pois e un pantalone blu.

Tajani ieri con il ministro Katz

Nel pomeriggio pubblica un’altra foto assieme al premier palestinese, Mustafa, nella quale indossa sempre lo stesso abito blu e la stessa cravatta blu, e poi pubblica un’altra foto ancora, il tanto atteso pezzo forte, assieme a Netanyahu nella quale però ha un abito nero, una cravatta nera a pois e un pantalone nero.

Nella seconda foto di ieri Tajani contro Mustafa, nella terza Netanyahu con il “magico” cambio di abito

Un vestito, chiaramente, del tutto diverso. Ora non ci sembra molto verosimile che tra incontri molto ravvicinati, il ministro degli Esteri abbia sentito l’incontenibile esigenza di cambiarsi di abito, e quindi ci sembra legittimo chiederci, se la foto con il premier israeliano non sia il frutto di qualche pasticciato copia e incolla fatto forse dagli israeliani, che hanno preso qualche vecchia foto di archivio di Tajani con Netanyahu, come quella dello scorso anno, e poi vicino ci hanno messo, attraverso qualche programma di Photoshop, un’altra immagine del primo ministro dello stato ebraico.

Altrimenti facciamo fatica a comprendere come sia stato possibile questo repentino cambio di vestito a meno che non si sostenga che Tajani sia un novello superman che porti sotto un altro abito da sfoggiare soltanto in occasioni speciali.

I media poi hanno mostrato un video dell’incontro tra il citato ministro italiano e il premier palestinese, Mustafa, ma nulla del piatto forte della giornata, ovvero l’incontro con Netanyahu, salvo la citata foto che appare essere il risultato di un maldestro fotomontaggio, considerato il vestito diverso che indossa Tajani.

Siamo chiaramente al paradosso, ma quello che più ci preme sottolineare in questo momento è la situazione di caos assoluto che sta travolgendo lo stato di Israele, che ha avviato una disastrosa campagna in Libano, mentre si trova a dover fare i conti al suo interno con la probabile assenza prolungata del suo leader, fino a quando ovviamente gli israeliani non saranno costretti inevitabilmente a calare il sipario sulla farsa, dal momento che ci pare difficile che si possa continuare a lungo così, tra vecchie foto di archivio, video fatti con l’IA e magari qualche altra uscita sulla falsariga della famosa commedia nera di “Weekend con il morto”.

Un precedente specifico potrebbe venire aiuto per decifrare il prossimo sbocco di questa crisi occulta ed è quello che riguarda un altro ex primo ministro, Ariel Sharon, che fu colpito da un ictus nel 2005 e dichiarato permanentemente incapacitato nel 2006, sostituito prima temporaneamente e poi definitivamente da Ehud Olmert, già vicepremier nel governo Sharon.

L’attuale vicepremier israeliano è Yariv Levin, e sulla carta dovrebbe essere lui in questo momento il primo ministro facente funzioni dello stato ebraico, anche se, a differenza di quanto accaduto nel 2005 con Sharon, Tel Aviv sta cercando di nascondere quanto accaduto perché l’umiliazione e lo smacco per quanto accaduto lo scorso 29 settembre sarebbero troppo insopportabili da ammettere e mostrerebbero al mondo intero la reale vulnerabilità di Israele.

Israele per quanto si sforzi di nascondere la verità resta però in profonda crisi, e in questa fase è persino difficile immaginare quale possa essere il suo futuro considerata questa situazione di vuoto governativo occulto assieme alle sempre più crescente opposizione dell’ala secolare e progressista israeliana che non è affatto entusiasta delle pulsioni messianiche del Likud e di Chabad Lubavitch.

Israele dovrebbe guardarsi dentro per comprendere che questa strada di guerreggiare per tutto il Medio Oriente al folle inseguimento del piano imperialista della Grande Israele è suicida, soprattutto senza lo scudo militare americano, ma i dirigenti dello stato ebraico sembrano essere irrimediabilmente afflitti dalla stessa sindrome di quelli nazisti poco prima della fine nel 1945.

Si grida alla vittoria, mentre intorno ci sono soltanto rovine.

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8 Commenti

  1. Topaz

    Articolo molto chiaro e preciso! Sembra di rivivere quello che è successo l’anno scorso con Berlusconi, e anche in questo caso è impossibile che riescano a nascondere tutto a lungo. Forse l’imminente ritorno di Donald Trump contribuirà a far venire a galla la verità su quanto successo?

    Rispondi
    • La Cruna dell'Ago

      Ti ringrazio, Topaz. Secondo me, gli israeliani non potranno certo andate avanti con la farsa a lungo, e proprio il dopo elezioni americane, potrebbe essere la situazione che li costringe a uscire allo scoperto.

      Rispondi
      • Topaz

        Sono d’accordo, la situazione è ormai troppo difficile da gestire per loro.

        Rispondi
  2. Marco Bracci

    Direi che è arrivato il momento della fine di Israele. Nel 1997 o giù di lì, il Cristo disse: “Inizialmente vinceranno coloro che non Mi hanno riconosciuto (gli Ebrei), ma la vittoria finale sarà di coloro che vengono da Oriente (quindi Russi e Co).”
    Cosa succederà dopo? Le migliaia e migliaia di politici, magistrati, medici, attori, ecc. asserviti a Israele, cosa faranno? Chi li sostituirà? Prevedo un lungo periodo di lotte e caos, anche se spero di sbagliarmi.

    Rispondi
  3. Gabriele

    Bell’ articolo……
    Sull’ incontro BRICS a Kazan le volevo chiedere se i BRICS avranno una moneta unica tra di loro contro il dollaro o se i rispettivi paesi BRICS useranno ognuno la propria moneta, quindi senza una moneta unica BRICS….saluti

    Rispondi
    • La Cruna dell'Ago

      Grazie Gabriele. I BRICS non vogliono una moneta unica di riserva globale. Non è questo il principio del mondo multipolare.

      Rispondi
  4. Veronica

    Articolo che mette in evidenza informazioni che non sono contestabili, visto che e’ tutto tracciato.
    Ho due domande:
    La prima, cadendo l’ imperialismo Sionista non c’ e’ comunque il rischio che rimanga comunque quella dell’ altra ala che alla fine e’ la stessa cosa? Entrambi appartenenti ad un potere globalista…..
    La seconda: visto che siamo in tema di elezioni USA, perché Trump si e’ mostrato da McDonald per friggere patatine? Perché fare pubblicità ad una di quelle multinazionali del sistema che tra l’ altro per il fatto che molti mangiano da questi fast food sono aumentate le malattie e obesità in America e nel mondo anche per i consumi di questi cibi?
    Ha visto il documentario Super Size Me?
    Anche se non c’ e’ bisogno di vedere un documentario per sapere che i fast food non sono salutari…..MacDonald e’ pur sempre una di quelle aziende che ha globalizzato il mondo come anche le altre catene,eccetera….
    Grazie e saluti

    Rispondi
    • La Cruna dell'Ago

      Grazie Veronica, Trump non vuole fare pubblicità a McDonald. Vuole solo mostrare di essere vicino alle persone comuni.

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