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La Corte costituzionale tedesca ha aperto alla Germania la porta per lasciare l’euro
di Cesare Sacchetti
A quanto pare, la già fragile tenuta dell’eurozona ha ricevuto un altro tremendo colpo ed è stata la Corte costituzionale tedesca a sferrarglielo.
In una sentenza emanata proprio quest’oggi, i togati della Corte di Karlsruhe hanno difatti accolto il principio che il quantitative easing, ovvero il programma di acquisti di titoli di Stato sul mercato secondario varato dalla Bce, possa avere potenziali profili di illegittimità verso i trattati UE.
I giudici tedeschi hanno preso in esame il ricorso presentato da un gruppo di giuristi e accademici che hanno sostenuto che il ricorso prolungato a questo tipo di politica monetaria stia di fatto violando sia la legge fondamentale tedesca sia gli stessi trattati europei.
La questione nasce dall’interpretazione dell’art.123 del trattato di funzionamento dell’Unione europea.
In base alla lettera di questo articolo, sussiste infatti uno stretto divieto imposto sia alla banca centrale europea sia alle banche centrali nazionali degli Stati membri dell’eurozona di acquistare direttamente dal mercato primario i titoli di Stato degli stessi Paesi membri e allo stesso tempo di finanziare il loro deficit attraverso l’emissione di moneta.
Per aggirare l’ostacolo che vieta appunto il finanziamento diretto da parte della Bce degli Stati membri, l’istituto di Francoforte è ricorso quindi all’acquisto dei titoli di Stato sul mercato secondario.
In altre parole, la Bce non compra i titoli quando vengono emessi direttamente dal governi nazionali, ma li acquista quando questi sono stati già immessi sui mercati di capitali.
In questo modo, la Bce ha dato vita ad un programma di acquisto dei titoli dell’eurozona pari a ben 2 trilioni di euro, senza il quale probabilmente l’euro sarebbe già crollato sotto la sua stessa instabile struttura.
Ma dalle parti di Berlino, il QE non è mai stato troppo gradito perchè questo abbassa i tassi di interesse e diminuisce i profitti dei risparmiatori.
Non solo. L’establishment tedesco non ha mai apprezzato questo stratagemma perchè sostanzialmente viene visto come un aggiramento illecito dei trattati europei.
La Corte costituzionale tedesca nella sentenza odierna non si pronuncia a favore di una diretta violazione dei trattati UE o della legge fondamentale della Germania, ma apre la porta all’idea che il principio di proporzionalità nell’utilizzo di questo strumento sia stato abbondantemente superato e contesta alla Bce di essere andata ben oltre le sue competenze.
Ecco cosa scrivono i togati a questo proposito.
“La Corte Costituzionale federale non è legata dalla decisione della Corte di Giustizia dell’UE, ma deve attuare la sua propria interpretazione per determinare se le decisioni dell’Eurosistema sull’adozione e l’esecuzione del programma di acquisto dei titoli pubblici (PSPP) resti dentro le competenze affidategli nell’ambito del diritto dell’UE primario. Dal momento che queste decisioni sono prive di sufficienti criteri di proporzionalità arrivano a eccedere le competenze della BCE.”
I giudici federali quindi contestano apertamente alla Bce di aver superato i limiti del suo mandato perchè, a loro dire, la durata prolungata dell’acquisto dei titoli sul mercato secondario si starebbe tramutando in uno strumento di politica economica e non in uno di politica monetaria che dovrebbe essere il campo primario di azione della banca centrale.
La Corte ha preparato alla Germania la via per lasciare l’euro
Su queste basi, la Corte quindi chiede all’Eurotower di passare ad una valutazione della proporzionalità dell’acquisto dei titoli sul mercato secondario, e ordina al governo e al parlamento di fare i necessari passi per verificare che la Bce si muova effettivamente in questo senso.
Ma i togati tedeschi sganciano la vera e propria bomba alla fine della sentenza quando scrivono che una volta superato il termine massimo di tre mesi di consultazione con l’eurosistema, la banca centrale tedesca, la Bundesbank, potrebbe rifiutarsi di partecipare alle scelte di politica monetaria intraprese dalla Bce.
Questa la parte finale della sentenza.
“La Bundesbank potrebbe non partecipare ulteriormente all’attuazione e all’esecuzione delle decisioni della Bce, a meno che il consiglio direttivo della Bce adotti una nuova decisione che dimostri in una maniera comprensibile e sostanziata che gli obbiettivi di politica monetaria perseguiti dall’acquisto di titoli del debito pubblico non siano sproporzionati rispetto agli effetti fiscali e di politica economica del programma.”
E’ una decisione dalla portata enorme dal momento che la Bundesbank è il primo azionista della Bce con il 21% delle quote partecipate.
Se la Bundesbank dovesse ritirarsi dal QE si avrebbe inevitabilmente il crollo dell’eurozona perchè mancherebbe il sostegno della banca centrale del Paese che detiene e acquista il maggior numero di titoli sul mercato secondario.
In altre parole, la Corte costituzionale tedesca non si è pronunciata a favore di una manifesta incostituzionalità del QE, ma è partita dal presupposto della proporzionalità nel suo uso.
In questo modo, i togati hanno aperto la porta alla Germania per una possibile uscita dall’euro, dal momento che è difficile pensare che la Bce possa avere argomenti validi per convincere i giuristi tedeschi.
Mentre si continua a parlare di eurobond e di una banca centrale prestatrice di ultima istanza, in Germania si sta praticamente rafforzando la scuola di pensiero opposta.
Non una riforma dell’eurozona che vada in questa direzione, ma al contrario una preparazione all’addio dell’euro da parte di Berlino.
L’economista Jean-Yves Archer lo aveva anticipato qualche tempo fa. Piuttosto che rivedere l’impalcatura dei trattati UE e dell’euro disegnata per garantire esclusivamente gli interessi delle élite mercantiliste tedesche, Berlino preferirebbe una fine programmata dell’eurozona.
Una volta che la moneta unica non assicura più il vantaggio di competitività che la Germania ha sugli altri Paesi, l’euro di fatti alla Germania non serve più.
Le speranze che l’euro finisca quindi non sono nelle mani di “sovranisti” che chiedono gli eurobond.
Sono nelle mani dei falchi della Germania che ad oggi paradossalmente stanno diventando i veri no euro.
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