Di Cesare Sacchetti La storia dell’Ucraina non è soltanto la storia di un barbaro regime nazista...
Il genocidio di Gaza, la Grande Israele e quel “conflitto” tra ebraismo nazionale ed internazionale
di Cesare Sacchetti
Quando il mondo ha visto che Israele ha barbaramente ucciso più di 500 persone nel bombardamento dell’ospedale di Al-Ahli a Gaza, si è raggiunta con ogni probabilità una nuova consapevolezza.
L’opinione pubblica mondiale che per anni si è abbeverata alle fonti contaminate della stampa mainstream saldamente nelle mani della lobby sionista sembra aver acquisito un nuovo grado di conoscenza riguardo al conflitto israelo-palestinese.
Questa non è una guerra contro Hamas. Hamas non viene nemmeno sfiorata da Tel Aviv che si guarda bene dallo stanare i miliziani del gruppo islamista.
Gli islamisti servono a Israele. Servono ad avere quel formidabile pretesto per poter bombardare Gaza ed uccidere quanti più civili possibile.
Il governo di Netanyahu non vuole infatti trovare alcuna strada di pacifica convivenza con i suoi vicini palestinesi.
Essi non sono altro che bestie, o goyim se volessimo utilizzare un certo linguaggio talmudico, che vanno impunemente eliminati in quanto tali “subumani” si trovano sulla strada del raggiungimento di un più grande obiettivo.
Quello di espandere i confini attuali di Israele per riportarli a quelli di un tempo narrati nella Sacra Bibbia quando l’allora antica nazione israelitica si estendeva ben oltre il suo attuale territorio per lambire i territori della Mesopotamia, abitati oggi in larga dall’Iraq e dall’Arabia Saudita.
C’è una visione di folle imperialismo sionista dietro questo disegno espansionista che non può essere attuata se non attraverso lo sterminio di massa dei palestinesi che ancora si “ostinano” ad abitare le terre sulle quali hanno abitato da molti secoli.
Terre nelle quali dopo il 1948 sono diventati improvvisamente stranieri quando la nascita dello stato ebraico ha comportato una delle più grandi tragedie moderne nei confronti di questo popolo così dimenticato e così oppresso.
I palestinesi non hanno certo dietro i capitali di banche e istituzioni finanziarie quali Goldman Sachs, JP Morgan e non hanno certo dietro l’apparato mediatico internazionale composto da media quali il New York Times e la CNN, che in questi giorni si danno un gran da fare per nascondere i crimini dello stato ebraico.
Per poter però comprendere a fondo il conflitto e il sangue che viene sparso in questi giorni occorre fare prima un passo indietro, alla genesi della creazione dello stato ebraico e alla nascita del movimento sionista.
La genesi del sionismo
Quando agli inizi del secolo scorso il padre ideologico del sionismo, Theodor Herzl, inizia a teorizzare la sua dottrina che vorrebbe un ritorno degli ebrei nella Terra Santa, c’è molta freddezza tra gli ebrei europei.
Gli ebrei si trovavano bene nelle nazioni nelle quali vivevano da secoli e non avvertivano alcuna particolare necessità di trasferirsi negli aridi e poco accoglienti deserti della Palestina.
Ad esprimere perfettamente il sentimento di distanza e di scetticismo nei confronti del progetto dello stato ebraico fu un politico britannico di origini ebraiche, Edwin Montagu, che affermò chiaramente che la nascita di Israele avrebbe creato negli ebrei britannici un sentimento di estraneità verso la Gran Bretagna.
Questa fu la ragione che portò Montagu ad opporsi alla famigerata dichiarazione Balfour del 1917 con la quale il governo britannico scriveva a Lord Rothschild e lo rassicurava che da quel momento in poi la Palestina sarebbe divenuta il luogo prediletto dell’immigrazione ebraica.
La prima guerra mondiale in questo senso può essere letta come quell’evento del tutto indispensabile che mette in moto il meccanismo che pone la prima pietra sulla costruzione di Israele.
La disgregazione dell’impero Ottomano e il passaggio del mandato della Palestina che passa dalle mani dei sultani turchi a quelle del governo britannico è quell’elemento storico che consente al sionismo di compiere un passo in avanti definitivo nel suo piano.
E la prima guerra mondiale a sua volta assume un ruolo essenziale nel consentire tale trasferimento. Se infatti si guarda a quanto accaduto dopo la prima e la seconda guerra mondiale, si vede che entrambe sono servite a raggiungere dei fini molto precisi e chiaramente prestabiliti.
Quelli che hanno visto la creazione di istituzioni sovranazionali quali la Società delle Nazioni nel 1920 e l’ONU nel 1945, e quelli che hanno consentito agli ebrei di migrare spesso forzosamente in Palestina, come accadde durante il nazismo che stipulò accordi con il movimento sionista, e di poter poi dichiarare la nascita dello stato di Israele.
Rothschild è dunque quella famiglia di banchieri askenaziti che aveva a cuore la nascita di questo stato e i capitali di questa controversa dinastia sono quelli che consentono a Israele di vedere la luce verso la metà del XX secolo.
La visione che anima però la nascita di questo stato è una che ha molto poco a che vedere con il bene degli ebrei comuni, spesso utilizzati come carne da macello dal sionismo che li lasciò uccidere nei campi di concentramento, e che ha molto più a vedere con un piano di imperialismo e dominio del mondo intero.
A spiegare molto bene qual è il fine ultimo che anima questo piano imperialista fu proprio uno dei padri fondatori di Israele, David Ben Gurion, che in una intervista rilasciata alla rivista americana Life nel 1962, si soffermava a descrivere il futuro che attendeva il mondo.
Ben Gurion affermava che alla fine di tale visione “tutti gli altri continenti si sarebbero uniti in un’alleanza mondiale che avrà a sua disposizione una forza di polizia internazionale. Tutti gli eserciti saranno aboliti e non ci saranno più guerre.”
Per il politico israeliano “a Gerusalemme, le Nazioni Unite erigeranno un santuario dei profeti per servire l’unione federata di tutti i continenti, questo sarà il seggio della Corte Suprema dell’Umanità per risolvere tutti i contenziosi tra i continenti federati, come profetizzato da Isaia.”
Ben Gurion non fece altro che descrivere la visione del Nuovo Ordine Mondiale nel quale al suo completamento, Israele nei suoi originari confini di un tempo assume un ruolo di leadership assoluta tra le nazioni.
Questa è la visione che anima la destra del Likud di Netanyahu che si ispira fortemente al sionismo messianico di una influente e potentissima setta della quale abbiamo parlato in diverse occasioni, i Chabad Lubavitch.
Alla fine di tale piano imperialista, l’umanità si ritrova oppressa quindi da questo governo mondiale che, secondo i Chabad, sarà governato da una figura chiamata moshiach, che non è ovviamente il Messia cristiano incarnato in Gesù, ma una figura politica autoritaria dotata di un potere assoluto e senza precedenti.
Ciò ci porta allo sterminio di Gaza dei giorni nostri. Assistiamo a questo massacro perché il governo israeliano attuale è intriso di questa folle visione ed è pronto a tutto pur di attuarla anche se la sua realizzazione appare molto lontana dal manifestarsi.
Il mondo si può dire che appare molto lontano da una centralizzazione del potere a livello globale anche considerata l’ascesa e il ritorno degli Stati nazionali sulla scena internazionale.
Gli Stati Uniti, l’antico braccio armato del sionismo, sono in una fase storica di disimpegno dal loro impero e sembrano tutt’altro che disposti a impegnarsi a salvare il loro vecchio “alleato”.
Per comprendere meglio com’è la situazione nell’esercito americano basti citare la lettera del generale Daniel Hokanson nella quale l’alto graduato afferma chiaramente che tra le fila dei militari americani c’è molta ostilità nei confronti di Israele e delle sue guerre.
E il generale sembra individuare nel “colpevole” di questa situazione Donald Trump che ha sparato diversi siluri contro Benjamin Netanyahu.
I contrasti tra sionismo messianico e sionismo progressista
C’è poi un’altra opposizione in questo momento ad Israele che è incarnata invece da forze interne al mondo ebraico di natura progressista e secolare.
Questo ci riporta ad una questione che avevamo affrontato in altre occasioni. Esiste una sorta di “conflitto” tra due anime del mondo ebraico.
C’è un’anima dell’ebraismo che mette al centro dell’agenda Israele e il suo ruolo di primato tra le nazioni e quest’anima può essere ben rappresentata dalla filosofia politica di Yoram Hazoni che scrisse qualche anno fa un saggio sulle virtù del nazionalismo.
Hazoni è anche il presidente dell’istituto Herzl e appare fortemente influenzato dagli ideali del sionismo messianico.
C’è un’altra anima invece che ha un’ispirazione più internazionalista e che può essere espressa al meglio dal sionismo progressista dell’Anti Defamation League e di George Soros, ebreo di origini ungheresi.
George Soros non si dichiara un nemico di Israele e non nega affatto la “necessità” che questo stato esista. La sua filosofia politica non assegna però alle nazioni nessun ruolo primario in quanto nel globalismo da lui predicato sono i circoli e istituzioni sovranazionali quali l’FMI, la banca mondiale, l’ONU e tutta la tela di ONG a dominare la scena.
In tale contesto le religioni spariscono, i confini vengono rimossi, e l’amore di patria giudicato come un sentimento retrogrado e “razzista”. Dalle parti del mondo ebraico liberal-progressista regna sovrana l’esaltazione del culto dei diritti umani, di fatto la nuova religione illuminista moderna.
È un mondo dove non c’è la spiritualità, seppur in un senso deteriore, del sionismo messianico ma c’è invece l’internazionalismo progressista e laico sopra ogni cosa.
Questa distinzione potrebbe essere riassunta in quella che vede contrapposti da un lato un ebreo nazionalista legato alla visione messianica di Israele, e dall’altro, ad un ebreo invece internazionalista, più freddo nei confronti di Israele e che assegna ad altre istituzioni un ruolo di leadership nel disegno globalista.
Questa è anche la ragione per la quale vediamo questi due mondi scontrarsi sempre di più per quelle che appaiono delle insanabili divergenze sulla visione del mondo.
In realtà, si tratta di divergenze non tanto basate sul raggiungimento di un fine, ma sul mezzo attraverso il quale raggiungere il fine del governo mondiale.
Al sionismo messianico sta a cuore l’espansione dello stato di Israele e accelerare quello scenario che porti alla venuta del moshiach e del governo mondiale da lui dominato.
Il sionismo progressista non nega certo il diritto di esistere di Israele ma non considera prioritaria l’espansione di questo stato per arrivare alla fine delle nazioni e alla nascita di una governance internazionale.
È una lite questa sostanzialmente su chi e cosa deve tenere in mano lo scettro del Nuovo Ordine Mondiale.
Tale divisione aiuta anche a comprendere le differenti posizioni del centrodestra italiano ed europeo, da un lato, e del centrosinistra italiano ed europeo, dall’altro, su Israele.
Le due correnti non sono altro che il riflesso di questi due poteri. Il centrodestra assegna ad Israele un ruolo di primato assoluto ad Israele, mentre il centrosinistra assegna ai club transnazionali il ruolo di guida del mondialismo.
Siamo sempre purtroppo nella logica del conflitto controllato e ciò è una caratteristica intrinseca delle democrazie liberali, perfette per assegnare il potere alle società e alle logge massoniche che governano dietro le quinte tale sistema.
In questa particolare fase storica, noi riteniamo che nessuno dei due obiettivi sia raggiungibile perché il momento attuale e le prospettive future ci parlano di una fine del mondo unipolare e di un ritorno del primato delle nazioni.
Non è certo però la razionalità e la lucidità che domina in questo momento il governo di Netanyahu che quasi in preda ad un delirio sanguinario bombarda tutto e tutti convinto che basti soltanto la sua volontà di potenza per mettere in atto la manifestazione della Grande Israele.
A nostro avviso, lo scenario più probabile è quello di un inasprirsi di quelle divisioni già narrate prima in seno all’ebraismo che in questo momento non sembrano poter essere appianate.
Troppa la distanza tra la religiosità messianica e la secolarizzazione progressista che c’è tra le due parti.
In tutto questo, c’è da mettere in rilievo ancora una volta un’altra parte dell’ebraismo che può essere considerata la più veritiera ed autentica e che viene completamente taciuta all’opinione pubblica italiana e internazionale.
È quella del gruppo di ebrei haredì di Neturei Karta guidati da rabbi Weiss. Per tali ebrei, lo stato di Israele disobbedisce ai comandamenti di Dio che ha stabilito il divieto per gli ebrei di tornare in Terra Santa.
Sono gli ebrei che non vediamo mai negli schermi televisivi e sono ad oggi gli ebrei per le loro posizioni più vicini al cristianesimo.
Ed è proprio questa la ragione per la quale non ne sentiamo mai parlare. Il sionismo messianico da un lato e quello progressista secolare dall’altro hanno la pretesa di rappresentare e parlare per tutto il mondo ebraico ma queste due frange sono molto lontane dall’essere espressione dell’ebraismo originario.
Sono due fazioni che hanno portato solamente devastazione e disordini politici e morali ovunque esse abbiano messo piede.
Se il mondo cristiano e cattolico deve aprire un dialogo è proprio con questa parte dell’ebraismo che gli ambienti sionisti vogliono sopprimere con forza.
E il mondo cristiano e cattolico non può oggi denunciare con forza il genocidio al quale sono sottoposti i palestinesi, vittime di un folle piano criminale.
Paradossalmente, Israele attraverso la sua furia genocida ha aiutato a far prendere coscienza al mondo intero che questo stato non ha affatto a cuore né la sicurezza dei suoi cittadini, considerati pedine sacrificabili per raggiungere fini “superiori”, né ovviamente quella dei suoi vicini considerati bestie da sterminare.
Questa disordinata e incontrollata ambizione di dominio su tutto e tutti ha aperto gli occhi definitivamente anche a coloro che li avevano più chiusi.
Tutti hanno potuto vedere che Israele non vuole una coesistenza pacifica con nessuno. Vuole dominare ed è pronta a calpestare chiunque si metta sulla sua strada.
Non è però la semplice volontà di potenza israeliana che consegnerà al sionismo messianico il dominio di tutta la Palestina.
C’è una realtà là fuori che va in una direzione opposta ma Tel Aviv si ostina pervicacemente a negarla e ciò ci porta a pensare che Israele pagherà un prezzo altissimo per questo suo rifiuto di confrontarsi con un mondo e con degli equilibri che impediscono la realizzazione dei suoi piani.
Persino un vecchio falco dello stato profondo americano ed espressione della pericolosa setta guerrafondaia sionista dei neocon come il generale David Petraeus sta mettendo in guardia Israele dal suicidio di un’invasione di Gaza.
Il commento più calzante per descrivere in sintesi la situazione di Israele sembra essere quello scritto in un tweet in ebraico dall’ambasciata iraniana in Siria.
“Il tempo è scaduto”.
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Il regime sionista sta portando avanti il genocidio del popolo palestinese ormai da decenni nel silenzio indecente del famoso occidente pieno di valori e democrazia.
Ora che il mondo chiede a gran voce il rispetto dei palestinesi e la creazione di uno stato sovrano, i criminali sionisti agitano lo spettro di una guerra su tutti i fronti, credendo che gli usa potranno proteggerli da un medio oriente in fiamme contro di loro…ma il mondo nel frattempo è completamente cambiato: gli usa non dominano più nulla, ed il resto del mondo finalmente ha rigettato decenni di angherie americane adottando il famoso doppio standard, ossia condannare le azioni altrui mentre loro distruggevano, bombardavano, conquistavano e razziavano paesi interi nell’impunità generale.
Se il regno israeloamericano crolla, quello del sud globale è destinato ad assume la guida di un mondo multipolare dove non è più tollerata l’insolenza e l’aggressività dell’occidente. Un israele che pensa di attaccare contemporaneamente Palestina, Libano, Siria ed Iran agendo nell’impunità si sbaglia di grosso, e le conseguenze sarebbero devastanti.
Il regno israeloamericano è finito, continuare con il vecchio modus operandi non porterà altro che ad una guerra dal potenziale mondiale.
Sei il migliore Cesare
segnalo testo interessante : https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857553597
due appunti tra i tanti spunti di questo articolo: il primo è che i rothschild cominciarono ad acquistare terreni in palestina intorno al 1850/60 ed il loro piano è prodromico alla nascita del sionismo; da ciò consegue che la WW1 ebbe tra le cause scatenanti la volontà di disgregare l’impero ottomano per appropriarsi rapidamente delle terre di Giacobbe. Il secondo appunto è che questo “movimento” incistato di fondamentalismo messianico, ha sì due (o più) anime ma la lotta intestina è tra chi attende escatologicamente che il dominio del mondo avvenga millenaristicamente con la venuta del loro messia, e chi intende accellerare la sua venuta partecipando “attivamente” agli eventi che apoditticamente vengono prefigurati nelle antiche scritture
Che il tempo sia scaduto ce lo dice la visione di Leone XIII e la Madonna a Fatima.
È la fine del sionismo.