I file di Kennedy e il tentativo della CIA di insabbiare il ruolo di Israele nel colpo di Stato del’63

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19/03/2025

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Di Cesare Sacchetti

E’ una enorme mole di documenti quella che sta uscendo in queste ore sull’omicidio del presidente americano John Fitzgerald Kennedy.

Ancora si è soltanto alle prime scoperte e conferme su quello che si può definire un colpo di Stato in piena regola, e tra tali scoperte e conferme c’è quella che la CIA non voleva rendere pubblico un documento che praticamente confermava come l’intelligence americana fosse eterodiretta da quella israeliana tramite il controllo di uomini più fedeli a Israele che agli Stati Uniti d’America, come l’ex capo del controspionaggio della CIA, James Angleton.

Il documento declassificato nel quale la CIA chiede di non citare Israele

Angleton era uno di quegli uomini che veniva istruito dagli israeliani su quello che doveva e non doveva dire, e non è difficile immaginarsi quindi che dalla CIA venisse fuori disinformazione concepita e scritta dagli uomini del Mossad a Tel Aviv.

Appare quindi ancora una volta impossibile comprendere le dinamiche che hanno portato alla morte di JFK, senza prendere in esame ogni singolo elemento di tale storia che riconduce, puntualmente, allo stato ebraico.

I fili della cospirazione sionista contro JFK e la storia dei Kennedy

E per farlo si può partire per ricostruire il filo della cospirazione contro il presidente dal recente audio trapelato tra l’imprenditore americano Billie Sol Estes, già condannato per frode, e il braccio destro dell’ex vicepresidente e presidente, Lyndon Johnson.

Carter non ha peli sulla lingua in tale conversazione. Afferma chiaramente che a ordinargli di uccidere il presidente degli Stati Uniti, JFK, è stato il suo vicepresidente, Lyndon Johnson, che nutriva un profondo disprezzo e una profonda avversione verso Kennedy e la sua famiglia, giudicati troppo ostili a certi interessi delle potenti lobby di Washington.

Billie Sol Estes

L’audio è stato tenuto nel cassetto dal nipote di Billie Sol Estes, come per tenersi una polizza assicurativa attraverso la quale preservare la propria vita oppure per poter ricattare il riscattabilissimo Lyndon Johnson.

I Kennedy si erano messi contro troppi personaggi potenti a Washington, e soprattutto avevano osato sfidare la furia del vero potere sionista che ha controllato gli Stati Uniti per tutto il XX secolo e per i primi anni del secolo presente.

La famiglia Kennedy era alquanto detestata dal mondo sionista ed ebraico non solo per il fatto di essere membri della religione cattolica, vero e proprio spauracchio dell’universo talmudico, ma per essere intenzionata a mettere fine al potere che tale potentissima lobby esercitava sull’America.

La guerra tra i Kennedy e gli ebrei era già iniziata anni addietro, ai tempi del proibizionismo, quando le strade delle città americane e di Chicago erano insanguinate dalle bande non solo di Al Capone, ma soprattutto dei membri della mafia ebraica come Meyer Lanksy e Micky Cohen, mai ricordati dalla filmografia hollywoodiana, che ci tiene a far credere che la malavita sia un fenomeno italiano, quando in realtà esso ha ben altre origini.

Joe Kennedy è il capostipite di questa famiglia di emigrati irlandesi che si fa largo in quel mondo del sottobosco malavitoso americano grazie ai rapporti con questi personaggi, con i quali collabora e con i quali inizia a importare illegalmente liquori dal Canada e dall’Europa.

I rapporti sembrano essere proficui fino a quando Joe rompe definitivamente con i malavitosi del calibro di Cohen e le due parti iniziano a farsi una guerra feroce.

Joe Kennedy negli anni’30 diventa intanto un imprenditore rispettabile e inizia persino il suo cammino nel mondo della diplomazia tanto da guadagnare il prestigioso incarico di ambasciatore degli Stati Uniti a Londra, una delle posizioni più importanti in questo ambiente.

Kennedy in quegli anni stringe stretti rapporti con l’allora primo ministro, e massone di alto rango, Winston Churchill, ma ciò non gli impedisce di capire che gli ambienti della finanza che contano avevano messo in moto una potente macchina che voleva trascinare gli Stati Uniti a tutti i costi nel secondo conflitto mondiale.

Lo aveva intuito anche il celebre e leggendario aviatore di origini svedesi, Charles, Lindbergh, che aveva espressamente chiamato in causa le macchinazioni della lobby sionista e della Gran Bretagna per far entrare gli Stati Uniti in una guerra che avrebbe giovato soltanto a chi voleva costruire un determinato ordine dal caos, per utilizzare una espressione molto in voga nelle logge.

L’ordine era quello di costruire un impero americano che avesse come principale scopo quello di proteggere e assicurare gli interessi di chi, come Churchill, voleva costruire un governo mondiale e di chi voleva costruire uno stato ebraico che sarebbe diventato la nazione più influente del XX secolo.

I presidenti americani sono stati un mero strumento di tale potere.

Sono stati esecutori di volontà già scritte altrove con largo anticipo, e Joe, nonostante il suo passato opaco, aveva perfettamente capito chi comandava veramente in America e voleva che tale conoscenza fosse trasmessa ai suoi figli per avere quelle armi che lui non era riuscito ad avere per contrastare tale potere.

John Kennedy e la questione sionista

Il sogno di Joe si realizza quando arriva alla Casa Bianca suo figlio, John Fitzgerald, già senatore dal dopoguerra in poi, e che aveva già intuito la radice del problema sionista negli Stati Uniti.

A renderlo edotto era stato un uomo come Benjamin Freedman, imprenditore di origini ebraiche, la cui storia non viene mai studiata abbastanza perché troppo “irritante” per taluni che vogliono mettere a tacere quello che hanno da dire alcuni ebrei convertiti al cattolicesimo.

Freedman era stato un sionista della prima d’ora, uno che sapeva alla perfezione quali erano i veri fini di questo potente mondo che avrebbe trasformato gli Stati Uniti nella sua longa manus economica e militare se non si fosse fatto qualcosa per impedirlo.

Inizia così la divulgazione dell’imprenditore divenuto attivista cattolico che riuscì ad avvicinare Kennedy per informarlo della minaccia che rappresentava il sionismo per gli Stati Uniti d’America e per il mondo intero.

Il giovane senatore ascolta, impara ancora di più di quello che aveva già imparato da suo padre, e arriva alla Casa Bianca, avendo le idee molto chiare su qual era la vera forza che aveva il controllo del suo Paese.

La guerra con il sionismo inizia sin da subito.  All’epoca,  a Tel Aviv, c’era un uomo come il primo ministro Ben Gurion, considerato uno dei padri fondatori di Israele, e con un passato da terrorista dell’Haganah che aveva partecipato a diversi massacri di civili.

Israele voleva diventare una potenza nucleare. Aspirava a costruirsi l’atomica non certo per proteggersi dagli attacchi, ma per avere quella devastante arma in grado di mettere sotto scacco tutto il mondo arabo e coloro che non volessero sottomettersi alle volontà espansionistiche dello stato ebraico.

Inizia un durissimo scontro tra Kennedy e Ben Gurion.

Kennedy e Ben Gurion

Il primo ministro israeliano apostrofa Kennedy come una sorta di giovincello alle prime armi non in grado di parlare con lui, mentre il presidente americano è perfettamente informato che gli israeliani gli stanno mentendo sul programma nucleare iniziato a Dimona, nel deserto israeliano.

Nei mesi prima della sua morte, il presidente americano era fermamente intenzionato a considerare l’AIPAC, la potentissima lobby israeliana, come un agente straniero e a impedire ad ogni costo che Israele diventasse una potenza nucleare.

Kennedy era entrato nella zona proibita. Era entrato nel sancta sanctorum , per così dire, del vero potere che comanda l’America e andava eliminato ad ogni costo.

Complotto a Dallas

Il presidente viene invitato a Dallas nel novembre del 1963 proprio dal presidente della comunità ebraica locale, Julius Schepps, che lo porta nella città laddove avviene l’intrigo.

Oswald, il capro espiatorio già designato dai suoi vecchi burattinai della CIA, non era nemmeno laddove la commissione Warren poi lo posizionerà, ovvero al quinto piano del deposito dei libri.

Lee Harvey Oswald

Era fuori, in strada, come mostrato persino dalle immagini dell’Associated Press.

Sull’arma utilizzata per sparare non c’erano nemmeno le sue impronte, comparse soltanto più di una settimana dopo che gli esami scientifici avevano già stabilito che Lee Harwey Oswald non aveva preso in mano quel fucile Carcano.

I colpi di pistola poi non sono partiti da dietro come afferma la commissione Warren. Sono partiti da davanti, come si può chiaramente vedere dal filmato di Zapruder.

A sparare a Kennedy era stato qualcuno che si trovava davanti e non dietro il presidente, e Bill Cooper, ex militare della Marina americana, aveva già rivelato alla fine degli anni’80 di aver visionato documenti classificati che riferivano che a sparare a Kennedy fosse stato il suo autista, William Greer.

Nel filmato restaurato di quei drammatici attimi, si può vedere Greer che tiene un oggetto nella sua mano sinistra che viene puntato contro Kennedy, da non confondersi con il riflesso del sole sulla testa del governatore Connally a fianco dell’autista del servizio segreto.

La testa di Kennedy esplode, e Jacqueline, la sua consorte, prova a scappare perché ha visto chiaramente la scena.

La storia cambia corso. Il presidente che voleva opporsi allo stato ebraico viene eliminato soltanto grazie alla massiccia collaborazione della sicurezza che invece di proteggerlo ha partecipato al suo omicidio.

Lyndon Johnson: il golpista complice dell’omicidio del presidente

In tempo record, Lyndon Johnson diventa subito presidente degli Stati Uniti, quando in una qualsiasi inchiesta giudiziaria proprio il vicepresidente americano avrebbe dovuto finire sulla lista dei sospettati, in quanto primo beneficiario di quella morte.

Johnson aveva già confessato il giorno prima alla sua amante, Madeleine Brown, che tutto era pronto per uccidere il presidente Kennedy.

Il vicepresidente era tutto quello che Kennedy non era. Era saldamente intenzionato a mettere gli Stati Uniti al servizio di Israele, e sotto la sua amministrazione non solo l’AIPAC aumenterà il suo potere, ma Israele costruirà la sua arma nucleare che ancora oggi segretamente e illegalmente detiene.

Israele ricorda ancora oggi Johnson come uno dei presidenti più vicini allo stato ebraico della storia americana, e non sorprende che dica ciò.

Johnson è il presidente che lascia attaccare agli israeliano la nave americana USS Liberty, un evento che portò alla morte di 34 marinai americani, nel tentativo di far entrare in guerra gli Stati Uniti contro l’Egitto.

Israele uccide militari americani e invece di essere punita, viene ricompensata da presidenti come Johnson.

Il presidente che sostituì Kennedy in una cospirazione vastamente organizzata, secondo diverse fonti israeliani, aveva anche origini ebraiche e questo aiuterebbe a capire ancora meglio tutta la sua devozione alla causa israeliana.

Nell’omicidio di Kennedy, la presenza sionista è ovunque. Lo è in Jack Ruby, il mafioso di origini ebraiche, vero nome Jacob Rubenstein, mandato ad uccidere Oswald per evitare un processo troppo scomodo.

Ruby disse apertamente che lo aveva fatto per salvare gli ebrei da un probabile pogrom qualora si fosse saputa la verità.

Lo è anche nella commissione Warren, dove lo stesso Earl Warren era di origini ebraiche così come lo erano 10 dei 22 membri di quell’organismo che voleva fare di tutto per accusare Oswald e lasciare fuori tutte le prove che smentivano il teorema dell’assassino solitario e della sola pallottola che fa sette giri nell’aria prima di colpire Kennedy alla testa.

Una teoria che andrebbe bene per una pallina da flipper forse, ma che incredibilmente è la bufala che questa commissione ha propinato agli americani.

La macchina che ha portato alla morte di JFK è quella che controlla lo stato profondo di Washington, quella che controlla la CIA, e quella che ha scritto la politica estera di ogni presidente americano dal dopoguerra in poi fino all’arrivo di Trump.

Il testimone di Kennedy passato a Trump

Il presidente che ha interrotto tale continuità è stato senza dubbio Donald Trump, che a differenza del suo predecessore, ha scelto una strategia molto più sottile e più abile.

Non ha scelto la via dello scontro frontale e aperto contro lo stato ebraico, ma ha sempre dichiarato di essere suo “amico” per poi intraprendere una geopolitica chiaramente antitetica a quella desiderata da Tel Aviv, iniziata tramite il ritiro delle truppe in Medio Oriente e proseguita con la fine delle guerre per procura che Washington scatenava per conto della lobby sionista.

E’ un tema questo alquanto dibattuto ed è uno dei principali cavalli di battaglia della falsa controinformazione che nel loro forsennato tentativo di associare Trump a Israele, non dicono che Trump è stato il primo presidente a mettere fine alle infinite guerre in Medio Oriente e non dicono nemmeno che Trump è stato infinito oggetto di una sequela di attentati alla sua vita, tutti organizzati dagli stessi poteri sionisti che uccisero Kennedy 62 anni prima.

Non si rischia di essere ucciso più volte se non si sono provocate le ire di ambienti come l’AIPAC, dei vari neocon, e di tutti quei fondi della finanza ebraica che il giorno prima dell’attentato a Butler, in Pennsylvania, scommettevano sulla sua morte perché chiaramente sapevano, cosi come sapevano i vari fondi che prima dell’11 settembre piazzavano le loro scommesse al ribasso contro le compagnie degli aerei coinvolti nell’11 settembre.

Trump era destinato per questi poteri a prendersi una pallottola in testa, esattamente come il presidente Kennedy, ma la Provvidenza, nel giorno della terza apparizione di Fatima, ha voluto che la sua vita gli fosse risparmiata perché c’era e c’è evidentemente un disegno ben più grande dietro il cammino di quest’uomo, che è quello di mettere fine al dispotismo di questi poteri che volevano erigere una tirannia globale, come visto ai tempi della farsa pandemica.

Trump sanguinante all’orecchio dopo essere stato colpito da Thomas Crooks

Trump è riuscito ad arrivare in quel terreno dove purtroppo non riuscì JFK, ovvero l’indipendenza degli Stati Uniti da lobby straniere, e l’esautorazione dal potere finanziario della FED.

Kennedy non aveva soltanto suscitato le ire del sionismo, ma anche del suo braccio finanziario della Federal Reserve, fondato da famiglie come i Warburg, i Vanderbilt, i Rockefeller e i Morgan, i vari fiduciari della famiglia Rothschild negli Stati Uniti.

Il presidente Kennedy aveva infatti firmato l’ordine esecutivo 11110 per consentire al Tesoro di stampare la sua moneta senza passare dalla FED nelle mani dei banchieri privati.

Trump sembra aver aperto la via anche per la fine del potere della FED attraverso i provvedimenti degli ultimi anni, grazie ai quali ha di fatto obbligato la banca centrale americana a stampare moneta per aiutare le piccole e medie imprese, a differenza di quello che facevano invece i suoi predecessori che lasciavano che i computer che stampavano banconote funzionassero soltanto per istituzioni bancarie come Goldman Sachs e JP Morgan.

Il cambio di paradigma è stato chiaro e netto, tanto che ora i vari banchieri dell’alta finanza temono che possa finire più di un secolo di potere della FED sugli Stati Uniti.

Appare più che mai evidente e solido il filo storico che lega i due presidenti americani, Kennedy e Trump.

Trump ha raccolto in pieno l’eredità del suo successore ed è riuscito a portarla a termine.

L’America sta finalmente entrando in un’era nella quale non è più sottoposta al dominio della finanza askenazita e del movimento sionista mondiale.

Il sogno di Kennedy oggi sta diventando realtà e a renderlo possibile è stato Donald J. Trump.

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14 Commenti

  1. Giorgio

    Purtroppo sul finale non ne sono troppo convinto , difficile schiacciare quei maledetti

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    • La Cruna dell'Ago

      Non è un auspicio personale, ma quello che sta accadendo come dimostrato da fatti oggettivi.

      Rispondi
      • Giorgio

        Ne sarei tremendamente felice , augurandoci a tutti accada il prima possibile !

        Rispondi
      • Anna

        Perché la moglie fi Kennedynon negò mai che la pallottaola avesse colpito suo marito alla nuca? Perché non incolpò l’autista?

        Rispondi
        • La Cruna dell'Ago

          Non è difficile da immaginare..Alcuni anni dopo era sposata con Onassis..Non aveva alcuna voglia di rivelare la verità.

          Rispondi
  2. Rossana

    Grazie di questo straordinario articolo! Avevo da tempo il bisogno di capire cosa c’e’ dietro a tutto questo, di capire se fidarsi di Trump o no (come appunto dicono alcuni della controinformazione), e questo articolo ha spiegato tutto benissimo. GRAZIE

    Rispondi
      • Massimo

        Ciao Cesare.Continuiamo a dire grazie anche a John John Kennedy!

        Rispondi
  3. Sara

    Grazie per questo bellissimo e chiarissimo articolo.

    Anche la parentesi hollywoodiana è da manuale (non uno straccio di regista che tratteggi il mafioso ebreo, come quelli da te citati: no, soltanto Al Capone che era italiano e cattolico, ovviamente)

    Con stima, Sara

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    • La Cruna dell'Ago

      Grazie mille, Sara. I signori di Hollywood hanno un conflitto di interessi 😄

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  4. Mesomede

    Eccellente articolo, come sempre. Desidero solo segnalare una piccola svista. Se ho ben capito, là dove compare il nome “Carter” dovrebbe leggersi “Estes”.

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    • La Cruna dell'Ago

      Ti ringrazio, Mesomede. No, è proprio Carter che lo dice.

      Rispondi
    • La Cruna dell'Ago

      Ho scritto già un articolo su Freedman, e l’ho citato nel pezzo…

      Rispondi

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