di Cesare Sacchetti Questa storia si può definire senza timore di smentita come uno dei più grossi...
Aldo Moro: a 45 anni dalla morte il ricordo del padre del mondo multipolare
di Cesare Sacchetti
Doveva morire. Sono le due parole che vengono in mente quando si pensa alla tragedia di Aldo Moro. L’uomo che verso il finire degli anni 70 era considerato indubbiamente il politico più influente e raffinato della vecchia, e solo in parte, compianta Prima Repubblica.
Il presidente della Democrazia Cristiana veniva prelevato il 15 marzo del 1978 in via Mario Fani a Roma in quello che ufficialmente fu definito un attentato terroristico delle Brigate Rosse contro lo Stato.
La storia vera, quella che viene taciuta troppo spesso dalla storiografia liberale, invece racconta tutto un altro copione.
A Via Fani si mise in atto una raffinata e sofisticata operazione militare che non poteva essere realizzata solamente da un manipolo di compagni marxisti.
Troppo preciso l’agguato. Troppo preciso il modo con il quale gli sparatori hanno crivellato di colpi l’auto del Presidente senza però ferire Aldo Moro stesso.
L’uomo che sparò la maggioranza dei colpi non fu nemmeno mai individuato. E secondo le ricostruzioni del caso assomigliava tutto tranne che ad un brigatista, ma piuttosto ad un tiratore scelto con una elevata preparazione militare.
Quel giorno poi Moro avrebbe dovuto viaggiare con un’auto blindata ma come accade molto spesso nei misteri della insanguinata Prima Repubblica al momento decisivo c’è sempre una sponda decisiva dall’interno.
Era l’epoca quella della loggia P2 che controllava tutti i vertici e i gangli vitali dello Stato, Viminale compreso.
Nelle storie oscure della Repubblica c’è sempre qualcuno, una sponda interna, che consente ad un determinato gruppo terroristico e mafioso di mettere in atto l’agguato.
Accadde il 23 maggio del 1992 quando gli stragisti di Capaci attendevano Giovanni Falcone che passava con la sua scorta sull’autostrada dell’omonima città avvertiti probabilmente da qualche gola profonda dei servizi.
Accadde il 19 luglio dello stesso anno quando invece veniva fatto saltare in aria Paolo Borsellino che aveva intuito tutto della ultima inchiesta che conduceva il suo fraterno amico. Non un’inchiesta sugli appalti come hanno scritto i vari media mainstream specialisti nell’arte del depistaggio.
Ma un’altra che aveva conseguenze internazionali molto più esplosive. Falcone indagava sui fondi neri dell’ex PCI che ammontavano alla astronomica cifra di 989 miliardi delle vecchie lire.
Un fiume di denaro che partiva dal vecchio PCUS, Partito Comunista dell’Unione Sovietica, e che arrivava dritto a Botteghe Oscure.
Nessun altro magistrato posò mai i riflettori su quella enorme mole di finanziamenti neri e l’unico valoroso che lo fece saltò in aria proprio quando stava per toccare i fili che determinati poteri sovranazionali non volevano fossero toccati.
E lo stesso accade tragicamente ad Aldo Moro. Il presidente della DC aveva toccato quei fili che potevano cambiare per sempre gli equilibri interni e internazionali dell’Italia.
Aldo Moro e la visione di una Italia sovrana
Aldo Moro era un uomo che aveva una visione dell’Italia molto precisa e peculiare. Lo aveva già dimostrato negli anni precedenti in cui era stato alla Farnesina.
L’Italia era incardinata nell’ordine Euro-Atlantico costruito dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale a Yalta nel 1945. L’Italia era stata assegnata nel campo dell’Occidente che era quello che apparteneva alla cosiddetta anglosfera, ovvero le potenze anglo-americane che hanno dominato l’Europa Occidentale dal dopoguerra in poi.
Ed è tale “equilibrio” che ha determinato tutta la storia d’Italia e tutte le stragi che sono nate negli anni successivi.
E tale equilibrio si fondava spesso sulla logica del terrore. La strategia della tensione non è un fenomeno ascrivibile a dei gruppi di estremisti di destra o sinistra radicalizzati dal clima politico teso degli anni 70.
La strategia della tensione è un fenomeno geopolitico che fu concepito da determinati ambienti atlantisti per impedire che l’Italia slittasse troppo verso la cortina di ferro e scivolasse verso il blocco sovietico.
Ciò che voleva fare Aldo Moro non era però certo far passare la Penisola da un blocco ad un altro. Moro non fu ucciso e la sua scorta non fu trucidata perché l’uomo più influente della DC voleva attuare il “compromesso storico” che avrebbe avvicinato il PCI ai banchi del governo.
Il PCI fu uno dei partiti in prima linea nel difendere la cosiddetta “linea della fermezza”. Come gli altri, non fece nulla per salvare veramente la vita dello statista democristiano. Quando Moro fu rapito, l’allora segretario del partito comunista, Enrico Berlinguer, assestò subito la linea del partito su tale posizione.
Non si tratta. Moro era stato già condannato a morte da un potere politico che risiedeva Oltreoceano e nessuno dei partiti dell’epoca si oppose a tale decisione.
L’unico uomo che voleva rompere il fronte della fermezza e negoziare per salvare la vita del presidente Moro fu un giovane Bettino Craxi, da poco segretario del PSI, e che fu spazzato via negli anni successivi da quegli stessi poteri che decisero la morte del politico democristiano e che concepirono il golpe giudiziario del 1992.
Negli anni successivi alla morte di Moro, iniziò ad emergere la verità che non trovo mai asilo presso le pagine dei libri di storia o quelli dei quotidiani contemporanei.
In un’aula di tribunale nel corso del processo sulla strage di via Fani, lo storico collaboratore di Aldo Moro, Corrado Guerzoni, rivelò che il presidente fu minacciato pesantemente dall’ex segretario di Stato, Henry Kissinger, già nel 1974.
E la stessa vedova del presidente, Eleonora Moro, confermava quanto disse Guerzoni. Henry Kissinger rivolse pesanti minacce nei confronti del leader della balena bianca.
All’epoca Moro era il ministro degli Affari Esteri e la sua visione diplomatica stava già uscendo dal seminato che l’atlantismo aveva assegnato all’Italia.
Erano gli anni in cui infuriava in Medio Oriente la guerra dello Yom Kippur tra Israele e i Paesi arabi, quali Egitto e Siria.
Washington, storico garante dello stato ebraico, non mancava di far avere tutto il suo sostegno ad Israele e chiese all’Italia di poter utilizzare le basi NATO per poter meglio assistere le forze armate israeliane.
Aldo Moro oppose un netto rifiuto. Moro non voleva che l’Italia partecipasse attivamente al conflitto e si schierasse contro i Paesi arabi. La sua visione politica era quella di mantenere saldi i rapporti con i Paesi del Medio Oriente e di non seguire la linea geopolitica che la potente lobby sionista aveva indicato.
Moro era esattamente l’antitesi di ciò che sono i figuranti politici contemporanei che affollano la decadente scena del Parlamento italiano e che non mancano mai di baciare la pantofola di Israele per poter entrare a palazzo Chigi.
Aveva prima di tutto in mente l’interesse nazionale e non voleva che il suo Paese fosse ridotto ad una piattaforma a noleggio per poter compiacere lo stato profondo di Washington o Israele.
Kissinger non poteva tollerare un simile affronto. Kissinger era cresciuto alla scuola politica del CFR, il Consiglio per gli Affari Esteri e del suo omologo britannico, il RIIA, l’istituto reale per gli affari internazionali.
Sono quelle lobby che costituiscono l’essenza del potere politico in America e in Gran Bretagna.
Sono questi gruppi sconosciuti all’opinione pubblica che decidono chi entra nell’ufficio ovale della Casa Bianca.
Non c’è stato un presidente degli Stati Uniti nel corso degli ultimi 70 anni che non sia stato deciso dal CFR.
L’unica rilevante eccezione a questa regola è stata quella di Donald Trump ed è noto quale tipo di guerra permanente lo stato profondo di Washington abbia scatenato al presidente che ha disallineato gli Stati Uniti da quei poteri che hanno esercitato il controllo su questa strategica e potente nazione per lunghissimo tempo.
Kissinger era il guardiano del mondo unipolare. Suo scopo e missione era quello di salvaguardare l’ordine Euro-Atlantico che negli anni successivi si sarebbe espanso fino a fagocitare i Paesi della vecchia cortina di ferro e a smascherare una menzogna che veniva ripetuta dal 1945.
La NATO non aveva lo scopo di garantire la sicurezza dei Paesi europei messi in pericolo dalla minaccia comunista.
La NATO non era altro che l’esternazione dell’esercito del governo mondiale che i potenti club ai quali apparteneva Kissinger aspiravano.
E l’Italia era ed è una nazione che occupava un posto privilegiato nella gerarchia di questo sistema. Senza di essa nessun governo mondiale e nessuna Unione europea sarebbe stata possibile.
Troppo importante la sua posizione, troppo grande la sua economia e troppo spiritualmente rilevante per la presenza della Chiesa Cattolica.
Il potere del comitato dei 300 contro Aldo Moro
Nelle carte mostrate dall’ex agente dei servizi britannici, John Coleman, si rivela il disegno che questo sistema aveva elaborato per l’Italia.
Coleman rivela che il Club di Roma aveva tracciato il destino dell’Italia già all’inizio degli anni 70. E il club di Roma non ha nulla a che fare con Roma e la sua storia nonostante si sia appropriata indegnamente del suo nome.
Il Club di Roma è un altro di quei club privati fondati dalla famiglia Rockefeller che appartengono a quel fitto reticolo di gruppi e circoli non eletti da nessuno ma che alla fine si rivelano esser i veri dominus occulti della politica europea e mondiale.
E sopra il Club di Roma c’è un’altra organizzazione ancora meno conosciuta nota come il “Comitato dei 300”.
A questo comitato sono appartenuti personaggi del calibro di Gianni Agnelli, Edmon de Rothschild e David Rockefeller, solamente per citare tre dei nomi più “illustri” e di rilievo.
La lista è molto più lunga così come lo è la lista delle banche e delle organizzazioni che il comitato controlla.
Coleman afferma che anche il gruppo Bilderberg e la società fabiana dipendano da questo potente circolo che di fatto oriente e determina la politica di tutte le più influenti istituzioni politiche ed economiche internazionali.
C’è un palcoscenico sul quale vediamo delle comparse gestite da questi poteri che sono i veri registi del potere.
E ciò avviene non attraverso un’autocrazia ma attraverso il sistema prediletto da questi gruppi per esercitare il loro potere, ovvero quella democrazia liberale che consente loro di stare dietro le quinte, lontano dai riflettori, e manovrare così i loro uomini sulla scena pubblica.
E tutto questo apparato anelava ed anela ad una visione autoritaria del mondo nel quale il potere è tutto nelle mani del potere finanziario e di un supergoverno globale.
Quando Kissinger scriveva nel 2009 che l’umanità aveva un’occasione per raggiungere il Nuovo Ordine Mondiale era di questo mondo che parlava.
E la farsa pandemica non è stata altro quella crisi globale artificiale scatenata per raggiungere la sua definitiva manifestazione.
Questo potere vuole una società fondata su rigidi principi malthusiani nella quale si va incontro ad una consistente riduzione della popolazione e nella quale le differenze socio-economiche diventano ampie ed insostenibili.
La globalizzazione, in altre parole. Aldo Moro invece non voleva per l’Italia un cupo futuro di nazione vassalla ridotta ad essere la schiava di questi gruppi autoritari che hanno in odio l’umanità intera.
Moro sognava un’Italia pienamente libera, sovrana e indipendente. Un’Italia che potesse essere in grado di prendere in mano il suo destino e uscire dal blocco atlantico per approdare in quello che allora era noto come il gruppo dei non allineati. Né con Washington né con l’URSS. Semplicemente sovrani.
Il presidente era troppo avanti per i suoi anni. Sognava un mondo che era ancora lontano da venire e aveva una concezione della sovranità nazionale che oggi hanno leader come Vladimir Putin o Donald Trump.
Aldo Moro è stato in questo senso il precursore del moderno mondo multipolare. Aveva intuito che non c’era un futuro di prosperità per l’Italia legata al laccio della NATO ma soltanto di dipendenza e di decadenza.
La sua morte si rivelò infatti decisiva per imprimere un’accelerazione impressionante ai piani di quei club sovranazionali che tanto odiava.
Piani che non riguardavano solamente la politica ma anche e soprattutto la sfera religiosa.
Mentre in quei mesi infatti si consumava un tremendo attacco geopolitico nei confronti dell’Italia, in Parlamento negli stessi mesi della prigionia del presidente si consumava un altro infame tradimento.
Veniva approvato la legge sull’aborto mentre l’attenzione degli italiani era tutta rivolta verso le sorti di Moro. Il 1978 è stato un anno nel quale l’Italia ha subito non solo un tremendo colpo politico con la morte del suo politico più famoso ma anche spirituale.
Nel Paese che era culla della Chiesa Cattolica veniva attuata una rivoluzione morale che violava i valori cattolici della nazione sostituiti da quelli amorali del liberalismo.
Nei decenni successivi, l’attacco all’Italia prosegue.
Negli anni 80 iniziò la prima ondata di deindustrializzazioni eseguite dall’ineffabile Romano Prodi che venne messo alla presidenza dell’IRI quale cavallo di Troia per iniziare a privatizzare l’enorme patrimonio industriale pubblico.
Nel 1981, veniva messo in atto il divorzio tra Bankitalia e Tesoro, privando così lo Stato della facoltà di controllare pienamente la sua sovranità monetaria e ordinare alla sua banca centrale di comprare titoli di Stato attraverso l’emissione di una moneta nazionale.
Nel 1992 ci fu il grande saccheggio del Britannia officiato dal cerimoniere delle banche Mario Draghi che in una sola notte, la più infame forse nella storia della Repubblica, consegnò alle banche anglo-americane i forzieri dell’industria pubblica del Paese e di tutti gli italiani.
La storia degli anni successivi è anche in parte storia recente. Il centrosinistra a guida prodiana e dalemiana, vera e propria quinta colonna dell’establishment anglo-sionista, trascinò l’Italia nell’euro e la spogliò della sua residua sovranità monetaria legandola ad una moneta finanziaria controllata dai mercati, l’euro.
Tutti gli eventi politici degli ultimi anni sono dipesi dal mantenimento di tale ordine sovranazionale. La calata di Monti nel 2011, votato da centrodestra e centrosinistra, e i successivi governi Letta, Renzi e Gentiloni.
Tutto il libro di storia dell’Italia moderna e contemporanea è stato scritto dagli assassini di Moro. Moro morì perché non poteva accettare che il suo Paese, la culla della cristianità e dell’impero Romano, fosse messo all’asta come una nazione del terzo mondo.
C’era troppa dignità e amor patrio in lui perché potesse permettere tutto questo. E fu per questo che fu ucciso.
Fu ucciso perché la sua visione politica era del tutto incompatibile con i carnefici che fecero strame dell’Italia nei decenni successivi.
È per questo che oggi come mai il suo ricordo deve essere più attuale e profondo che mai. Aldo Moro aveva elaborato il primo bozzolo del mondo multipolare quasi 50 anni fa.
Aveva visto così lontano fino a superare la sua epoca a posare lo sguardo su quella attuale.
Se c’è un pilastro sul quale andrà ricostruita l’Italia dopo la fine dell’attuale sistema liberal-democratico questo non potrà essere quello del presidente democristiano.
È da tale visione che l’Italia dovrà ripartire. L’Italia è talmente ricca di storia, cultura, genio e bellezza che non sa che è stata per molti aspetti anche l’ispiratrice del mondo multipolare che sta nascendo in questi anni.
L’Italia per tornare ai fasti di un tempo dovrà ricordare ciò che è stata e ricordare la lezione di Aldo Moro è un passaggio imprescindibile per trovare quella memoria perduta.
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CAVALLO di razza della DC così lo definì Renucio Boscolo unico interprete di Nostradamus e Sigismondo Fanti il ferrarese.
Una ricostruzione totalmente falsa. Ma davvero vogliamo santificare un farabutto che aveva già portato al governo i socialisti (certo, col benestare degli americani liberal) ed era fermamente intenzionato a proseguire nella svolta a sinistra dell’Italia alleandosi con i comunisti? Io Moro lo ricordo bene: un politicante levantino, amorale, lambiccato e contorto, capace di parlare per ore senza dire nulla di significativo. Definire “statista” un individuo del genere è mistificare la realtà dei fatti. E si spacciava pure per “cattolico”… Ma avete perso la memoria della “palude” che era la Democrazia Cristiana di allora? Moro, Fanfani, Donat Cattin, Galloni, De Mita… tutti “statisti”? Ma per piacere…!!!
Francamente di “falso” mi sembra ci sia solo il tuo commento. È un fatto noto e provato che Kissinger e l’apparato del CFR minacciò di morte Moro. Così com’è provato che la sua politica estera stava mandando su tutte le furie la lobby sionista. Moro era notoriamente filo-palestinese. Non abbiamo certo fatto un’opera di riabilitazione della DC. La DC come gli altri partiti dell’epoca, salvo il PSI, condannò a morte Moro. Così com’è il PCI. C’è scritto chiaramente nell’articolo. I documenti messi a disposizione da Coleman hanno poi rivelato come non era certo il compromesso storico che faceva paura a Washington. Il PCI faceva parte del gioco. Quello che faceva paura era che l’Italia potesse uscire dall’anglosfera. Ecco perché ci fu il massacro di via Fani. E ci sono una marea di prove che dimostrano il coinvolgimento di massoneria e servizi nel suo omicidio.
Per carità, se lei è così convinto della veridicità della sua ricostruzione, che a me sembra comunque non poco fantasiosa, continui pure a sostenerla. Quello che contesto è la santificazione di un personaggio politico ambiguo, amorale, fumoso e contorto, la cui visione dell’Italia non andava oltre la mera conservazione del potere suo e del suo partito, con accordi di governo e, specialmente, di sottogoverno. Sappiamo tutti le decine di porcate seminate in giro per il mondo dalle varie amministrazioni americane, ma nel caso Moro continuo a ritenere che si trattò di un regolamento di conti interno alla sinistra italiana, tra coloro che coltivavano la via parlamentare per il potere (quella, appunto, degli accordi sottobanco e delle menzogne elettorali), e la fazione estremista che sin dal primo dopoguerra mirava a stabilire in Italia un regime comunista attraverso la lotta armata. Non credo proprio che le Brigate Rosse, con tutto il relativo corredo di feriti e di ammazzati, siano state inventate dalla CIA per colpire Aldo Moro. C’erano già. Certo, l’esito della cosa dovette far piacere agli americani. Del resto, lo stesso Moro non fu autorizzato proprio da un’amministrazione americana a varare in Italia il centrosinistra, prima con l’appoggio esterno dei socialisti e poi col loro ingresso nel governo? Perché non lo liquidarono allora, se dava tanto fastidio? Altra amministrazione, più liberal rispetto a quella che servì Kissinger? Arrivarono tardi, quando molti danni all’Italia erano già stati fatti dai socialisti, grazie alla bella pensata di Moro (e di Fanfani, poi, se non ricordo male…).
Comunque lasciamo stare, non concordo con la sua analisi e non desidero protrarre una polemica inutile intorno alla figura di un politicante che non ho mai stimato e la cui sorte mi lasciò all’epoca del tutto indifferente. Trovo già abbastanza tedioso scoprire che ogni anno qualcuno si presti a perpetuarne la memoria con elogi a sproposito e di gran lunga immeritati.
Non è una mia ricostruzione e non è affatto fantasiosa..Ci sono testimonianze e prove che documentano come Moro fu minacciato da Kissinger e come le BR erano da anni infiltrate e controllate dalla CIA. La strategia della tensione è un capitolo fin troppo famigerato. Certo che se lei detesta Moro e già all’epoca era disinteressato sulle sue sorti, qualsiasi cosa io dicessi non farebbe nessuna differenza..
Questo suo commento non deriva da alcun dato di fatto, ma dalla sua semplice simpatia o meglio antipatia per Moro. Ma le analisi si fanno coi fatti, quindi si vada a studiare un po’ la storia dell’evento che è stato ricostruito seguendo una narrazione basata su fatti come la sparatoria sull’auto di scorta, del tutto sovvertita rispetto a quella diffusa dal mainstream allora. Per esempio basta vedersi Piazza delle cinque lune di Renzo Martinelli o Non è un caso, Moro di Tommaso Minniti.
Piazza delle Cinque Lune è notevole e merita. Tutti fatti accertati, ovviamente per chi li vuole vedere..
Tutto giusto quello che ha scritto su Moro. Da non dimenticare anche l’altro cavallo di razza della DC, Fanfani. Spesso apparentemente rivali, lui e Moro, nel periodo postdegasperiano, realizzarono lo stato sociale in Italia e il conseguente miracolo economico: iniziativa privata ma anche intervento pubblico in economia e Partecipazioni Statali. Essendo cattolici di nome e di fatto, si ispirarono alla Dottrina sociale della Chiesa, non la chiesa contraffatta di oggi, ma quella vera, quella della Rerum Novarum e della Quadragesimo anno. Negli anni settanta chi cominciò la campagna liberista contro la “terza via” economica? Scalfari con l’Espresso, contro la “razza padrona”, cioè i manager dell’industria pubblica, accusati naturalmente di corruzione, come se i privati fossero immacolati. Si arriva al 1975: Fanfani, che l’anno prima ha combattuto contro il divorzio contro il fronte liberal-comunista e anche contro le quinte colonne interne, viene defenestrato da segretario del partito, dopo la sconfitta alle amministrative, e sostituito dall’incolore Zaccagnini; da questo momento non avrà più un ruolo significativo. Eliminato uno, tre anni dopo viene eliminato l’altro. Apparentemente la DC è ora nelle mani degli eredi di Moro, la sinistra del partito, che però gradualmente si orienta verso una politica diversa; la parola d’ordine di De Mita negli anni 80 fu “rigore” economico, cioè liberismo; d’altra parte Berlinguer, già negli anni 70, parlava di “austerità”. E fu proprio Andreatta, ferocemente antisocialista e “caporione” della sinistra DC, a volere il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia: erano non eredi, ma traditori di Moro! Poi arrivò Mani Pulite: i padroni atlantici dell’Italia avevano scelto nuovi referenti rispetto ai vari Forlani, Gava, Andreotti, Craxi, La Malfa, il PLI: gli ex comunisti e la sinistra DC, che furono infatti salvati dai giudici e che poi, coerentemente, confluirono nello stesso partito, con Prodi, svenditore del patrimonio pubblico, come patron. Figuriamoci se Moro avrebbe approvato questo; egli fu costretto dai risultati elettorali del 76 a far entrare i comunisti nell’area di governo, ma in posizione subalterna; appoggiavano infatti un monocolore democristiano. L’assoluta centralità egemonica della Dc era per lui fuori discussione. Poi continuò la trasformazione dei DEM in senso liberista, atlantico, libertario fino ad arrivare ad oggi, col PD che venera Zelenski, finge di odiare la Meloni, la quale anche lei venera Zelensky. Ecco quindi cosa sono stati e sono gli “eredi di Moro”: partiti da Gronchi e Dossetti, che erano contro il Patto atlantico, sono arrivati a Mattarella, che autorizzò le bombe su Belgrado, in accordo con Dalema e Cossiga (uno dei capi di Gladio, figura quanto mai opaca) e oggi rappresenta al massimo grado quella linea ultra atlantista, antirussa, globalista, europeista che è propria di tutta la servile classe politica, maggioranza e opposizione; partiti dall’essere finanziati da Mattei (altro eroe ucciso dai soliti noti), hanno distrutto lo stato sociale e hanno chiuso l’Italia nella gabbia EU, fatta di trattati che impongono il più sfrenato liberismo; partiti dall’essere “la parte più viva del cattolicesimo italiano”, sono oggi in un partito che fa del gender, del matrimonio omosessuale, dell’ecologismo antiumano e di tutto ciò che va contro la famiglia la sua bandiera. Mi scuso per la lunghezza, ma penso sia bene aver chiaro come e da chi Moro sia stato tradito. Moro doveva morire, è vero: Zaccagnini, Cossiga, Andreotti, Berlinguer obbedirono all’ordine, e un alto funzionario USA (Cossiga dixit) fu mandato a Roma al Viminale a seguire tutte le fasi dell’operazione, caso mai qualcosa andasse storto. Oggi è giusto ricordare gli uomini che fecero grande l’Italia, giganti in confronto alla miserabile e venduta classe politica di oggi.
L’agente,l’uomo che gli americani inviarono appositamente per far sì che Aldo Moro non tornasse a casa vivo, si chiama Steve Pieczenik
Grazie, mi è piaciuto molto questo articolo
Ottimo articolo,grazie
Per carità, Moro può “piacere” o meno, quello che invece è successo dopo di lui è (purtroppo) sotto agli occhi di tutti….
Bell articolo Cesare molto riflessivo bravo!
Grazie Antonino.