di Cesare Sacchetti Questa storia si può definire senza timore di smentita come uno dei più grossi...
Lo scontro tra gli ultimi eredi degli Agnelli e gli Elkann: resa dei conti nello stato profondo italiano?
di Cesare Sacchetti
Storia di un intrigo. Potrebbe essere questo il titolo in grado di riassumere quanto sta accadendo all’interno di quella che da 35 anni a questa parte è stata la famiglia più importante d’Italia, e una delle più influenti in Europa, gli Elkann.
Margherita Agnelli, ultima figlia in vita di Gianni, ha deciso di presentare nel dicembre del 2022 un esposto attraverso il quale chiede di fare luce sulle manovre che l’avrebbero estromessa dalla eredità del padre prima e della madre poi, Marella Caracciolo, consorte e vedova dell’avvocato.
Margherita sarebbe stata la vittima di una elaborata truffa alla quale avrebbe persino preso parte la sua stessa madre, Marella, in accordo con i tre figli di lei avuti dal primo matrimonio con Alain Elkann, ovvero John, Lapo e Ginevra Elkann.
La storia dell’eredità degli Agnelli
Quando era ancora in vita l’avvocato strutturò una società, la Dicembre, che usufruiva di una particolare legislazione che consentiva ai suoi fondatori di non rivelare la distribuzione delle sue quote.
Quote che erano detenute in usufrutto da Marella e che poi sono finite apparentemente attraverso una donazione direttamente nel patrimonio dei nipoti.
E’ nella società Dicembre che c’è custodito il patrimonio della famiglia ed è la sua istituzione e successivo passaggio ai tre nipoti di Marella che si può comprendere quanto accaduto durante il passaggio di consegne del patrimonio degli Agnelli finito nelle mani degli Elkann.
Se verrà accertato dagli inquirenti che c’è stata una donazione “occulta”, per così dire, da parte di Marella a favore di Lapo, Ginevra e John Elkann allora gli Elkann dovranno essere probabilmente condannati a pagare le tasse di successione evase attraverso questo passaggio, ma ciò comporterebbe a sua volta anche la completa messa in discussione dell’eredità dell’avvocato e di Marella.
A sorprendere ancora di più oltre a questo presunto raggiro è che il commercialista di famiglia, tale Gianluca Ferrero, tenesse nella cantina di casa sua la prova della truffa eseguita ai danni di Margherita Agnelli, quasi come se ci fosse da parte del professionista finanziario l’intenzione di avere con sè una sorta di “polizza assicurativa”.
E’ da tenere presente che questa situazione è emersa alla luce perché c’è stata una modifica della precedente legislazione della quale si è accennato in precedenza, avvenuta nel 2021 ai tempi del governo Draghi.
E’ attraverso questa modifica che è venuta fuori la situazione della Dicembre prima e poi il successivo esposto di Margherita Agnelli.
Sarebbe interessante capire se questo cambio legislativo è stato il risultato involontario di una più generale riforma degli assetti delle società agricole oppure se questa nuova legislazione sia stata voluta espressamente per produrre l’effetto desiderato e far venire alla luce così quello che sarebbe stato un massiccio raggiro nei confronti della figlia dell’avvocato.
Su questa questione torneremo a breve, ma per districarsi tra gli intrighi di queste due famiglie è necessario tornare per un istante all’inizio di quello che pare essere stato un piano preordinato per togliere la FIAT dalle mani degli Agnelli e consegnarla invece a quelle degli Elkann.
Gli anni d’oro e l’omicidio della FIAT voluto da Gianni Agnelli
E a cospirare proprio contro la FIAT e contro i suoi stessi è stato per primo paradossalmente proprio lui, Gianni Agnelli, descritto dalla stampa agiografica del mainstream come una sorta di genio dell’industria italiana quando è stato in realtà l’uomo che ha ucciso il primo gruppo automobilistico d’Europa e uno dei primi al mondo.
FIAT era sinonimo di eccellenza assoluta tra gli anni 70 e i primi anni 80. Gli ingegneri italiani che lavoravano per il gruppo automobilistico italiano erano in quel tempo tra i migliori al mondo.
Le vetture FIAT erano così avanzate in termini di meccanica da essere persino studiate dai concorrenti tedeschi come accadde per la 128 che forse qualche esterofilo o autorazzista di turno ignora essere stata la base per sviluppare la tedesca Golf del gruppo Volkswagen.
Quando i tedeschi smontarono la 128 rimasero ammaliati dalla sua precisione meccanica. L’Italia quando si trattava di auto dominava il mondo.
Negli anni 80 quando c’era l’ingegner Ghidella a guidare il gruppo vennero sviluppate vetture come la Fiat Uno, dotata del famoso motore Fire, gioiello di efficienza e resa automobilistica, la Croma, la mitica Lancia Delta, della quale la versione integrale S4 è ancora ricordata dagli appassionati di tutto il mondo per i successi raggiunti nelle competizioni di rally, la Thema, ammiraglia della Lancia che spiccava per la sua eleganza e classe, tipiche del marchio Lancia, e l’Alfa 164.
Quando Ghidella venne estromesso dai vertici della FIAT per fare posto a Romiti iniziò il successivo declino degli anni 90 che poi precedette il successivo passaggio di consegne agli Elkann.
L’avvocato non aveva una visione che aspirava a mantenere l’eccellenza dell’industria automobilistica italiana intatta.
Non era la difesa del patrimonio industriale italiano quanto la “necessità” di accompagnare l’Italia verso la nascente globalizzazione e la successiva fine delle produzioni industriali locali che andavano sacrificate per far posto a quei Paesi emergenti asiatici che sono stati i veri “vincitori” dell’era del libero mercato senza più frontiere.
Nel suo discorso al Senato del 21 gennaio del 2002, il presidente della FIAT fa comprendere quale sia la sua vera aspirazione per il mondo che stava nascendo in quegli anni.
Agnelli in quel suo intervento decantava i cosiddetti “dividendi della globalizzazione” nell’auspicio che si potesse finalmente giungere alla tanto agognata “governance globale”.
La visione di Gianni non era altri che quella dell’esclusivo comitato dei 300 del quale, secondo l’ex agente dei servizi di intelligence britannica John Coleman, era membro assieme al gotha delle élite mondiali quali i membri della famiglia Rockefeller, Henry Kissinger, Lord Rothschild e la regina Elisabetta soltanto per citarne alcuni.
Erano questi ambienti che l’avvocato frequentava ed erano questi ambienti che già negli anni 70 avevano deciso che l’era futura dell’Occidente liberale sarebbe stata quella della società post-industriale concepita dagli ideologi del club di Roma, altro esclusivo club fondato da David Rockefeller in Svizzera, terra particolarmente amata dall’alta finanza e dalle massonerie internazionali.
L’Italia e le sue eccellenze non potevano sopravvivere ad un attacco congegnato a piani così alti soprattutto perché nel famigerato 1992 una intera classe dirigente venne estromessa da un golpe giudiziario attuato dalla procura di Milano ed eseguito per conto dei mandanti di Washington.
Un golpe che lasciò intatto il PDS, partito designato da questi poteri per essere il traghettatore, o meglio il sicario economico, dell’Italia verso la globalizzazione, l’unione monetaria e la conseguenze deindustrializzazione che tali processi inevitabilmente comportavano.
In quegli anni, Gianni Agnelli aveva già deciso che il futuro della FIAT non doveva essere nelle mani dei suoi legittimi eredi.
Giovannino, giovane e brillante figlio del fratello dell’avvocato, Umberto, morì improvvisamente per un raro tumore che gli impedì di scalare i vertici della famiglia.
Giovannino aveva una visione dell’industria come un qualcosa che non fosse solamente dedito alla speculazione ma piuttosto come un elemento di arricchimento del territorio nella quale essa agisce.
Questa sua citazione in occasione del cinquantenario della Vespa nel 1996 aiuta meglio di tutte a comprendere quale fosse la sua filosofia al riguardo.
«La funzione dell’industria non è solo e neanche principalmente quella del profitto. Lo scopo è migliorare la qualità della vita mettendo a disposizione prodotti e servizi.»
Siamo su un territorio del tutto differente da quello della globalizzazione finanziaria e della sua selvaggia speculazione fondata non sulla crescita di un territorio ma sul suo impoverimento, dal lato dell’Europa Occidentale, e sullo sfruttamento dall’altro di quei Paesi che hanno costi dei salari alquanto bassi e condizioni lavorative al di sotto di qualsiasi standard etico accettabile in Europa, poiché lavorano persino minori e bambini con stipendi non di rado non superiori ad un dollaro al giorno.
La morte di Edoardo Agnelli: lo spartiacque della fine della FIAT
L’altro erede designato al trono della FIAT era Edoardo Agnelli, il figlio maschio di Gianni, che i media e una certa storiografia liberale amano raffigurare come un uomo “introverso e debole” che avrebbe deciso di togliersi la vita per una sorta di dolore esistenziale che lo affliggeva.
Edoardo invece era un uomo dall’intelletto raffinato, un’anima certamente sensibile ma non di certo un “derelitto” che decise di farla improvvisamente finita per fuggire dai suoi presunti mali interiori.
Il figlio dell’avvocato era molto vicino all’Iran e alla sua cultura e questo gli suscitò in più di un’occasione degli attriti con il padre.
Edoardo era vicino ad un mondo, quello dell’islam sciita iraniano, che era quanto mai di più lontano dagli ambienti finanziari e massonici frequentati dal padre Gianni.
Un mondo profondamente detestato dal sionismo che era ed è uno dei movimenti più potenti, se non il più potente, tra i vari circoli dell’apparato mondialista.
La sua morte è misteriosa e le circostanze di essa, mai chiarite, non sembrano indicare che sia avvenuto un suicidio.
Il 15 novembre del 2000 il suo corpo viene ritrovato sotto il viadotto dell’autostrada Torino – Savona dal quale si sarebbe gettato per finire nel greto sottostante del torrente Stura.
Un volo di 80 metri eppure il corpo di Edoardo appare intatto. Non sembrano esserci fratture nel corpo e i vestiti sono tutti lì al loro posto, comprese le scarpe che dopo un volo simile sarebbero dovute volare via.
Il corpo più che precipitato sembra essere stato adagiato su quel greto. L’autopsia non viene nemmeno condotta e non c’è nemmeno una inchiesta degna di questo nome poiché il magistrato competente, il procuratore di Mondovì dell’epoca, Riccardo Bausone, giunge alle conclusioni che si è trattato di un suicidio prima ancora di indagare.
Eppure gli elementi che facevano propendere per una morte non naturale e che escludevano il suicidio erano lì.
Secondo la scientifica di Cuneo che ha analizzato l’auto di Edoardo, la Fiat Croma posteggiata vicino alla balaustra del viadotto dal quale il figlio dell’avvocato si sarebbe gettato, non ha impronte, comprese quelle dello stesso Edoardo.
Quella macchina era guidata da Edoardo Agnelli abitualmente eppure non ci sono le sue impronte sul volante, sugli sportelli né in nessun altro punto della vettura.
Il 46enne non portava guanti e dunque è come se qualcuno fosse passato lì a “ripulire” delle tracce che andavano cancellate.
Nessuno poi ha visto Edoardo arrampicarsi su quella balaustra nonostante quel tratto di autostrada fosse estremamente trafficato e passavano macchine in continuo, e anche se si volesse ignorare per un momento questa circostanza, resterebbe da capire come abbia fatto il figlio di Gianni a salire in cima sul guard-rail nonostante camminasse con il bastone.
Non si comprende nemmeno come mai l’erede di casa Agnelli non fosse accompagnato dalle sue guardie del corpo né perché la DIGOS di Torino abbia “dimenticato”, per così dire, di acquisire le immagini di sorveglianza della sua villa.
A voler veder chiaro sulla morte di Edoardo è proprio Margherita che ingaggia un pool di investigatori privati mentre il padre, Gianni, non sembra avere troppa voglia di capire cosa è capitato al suo primogenito.
Soltanto qualche tempo prima proprio il presidente della FIAT aveva estromesso pubblicamente Edoardo dalla guida dell’azienda di famiglia poiché ritenuto “non adatto” da Gianni a fare il capitano d’industria.
Al suo posto gli fu scelto il giovane ed inesperto 20enne John Elkann che era certamente “adatto”, ma nel senso inteso dall’avvocato.
Quando è stato ritrovato il corpo di Edoardo Agnelli non è soltanto la sua vita che si è spenta, ma anche quella della FIAT stessa.
Gianni Agnelli voleva a tutti i costi diseredare i suoi eredi dal prendere le redini del suo gruppo industriale poiché questi avevano una diversa visione dell’industria ed erano alquanto scettici sulla nascente globalizzazione, proprio come lo era Edoardo.
Oggi tutti ne possono vedere i risultati. Gli Agnelli come tali non esistono più. Al loro posto c’è questa famiglia, gli Elkann, storicamente imparentata con i Rothschild e ciò aiuta a comprendere il destino di declino occorso alla Fiat.
Oggi non esiste nemmeno più la Fabbrica Iitaliana Automobili Torino come tale. Esiste Stellantis, un conglomerato di vari gruppi automobilistici dove sono i francesi a fare la parte del leone.
Gli Elkann hanno fatto quello che sanno fare meglio. Hanno portato l’industria italiana nelle mani dei suoi concorrenti e hanno portato lontano dall’Italia il lavoro e la ricchezza delle fabbriche di auto, spostate in Serbia e in Polonia e in altri Paesi stranieri.
Persino la sede fiscale del gruppo è stata spostata all’estero, in Olanda, il tutto con il compiacente consenso dei vari inquilini di palazzo Chigi degli ultimi 30-35 anni che invece che ricordare agli Elkann che lo Stato italiano ha versato fiumi di miliardi per aiutare la Fiat a produrre in Italia, hanno plaudito gaudenti alla deindustrializzazione che questa famiglia di rapaci finanzieri ha imposto al Paese.
Quando accaduto a Margherita si spiega soltanto con quanto accaduto ad Edoardo. Gli eredi di casa Agnelli sono vittime paradossalmente del loro stesso padre, Gianni, che ha messo davanti alla sua famiglia e all’Italia un’altra famiglia, gli Elkann, che erano la “massima” espressione del mondo della speculazione finanziaria così tanto detestato da Edoardo.
La storia della eredità di Margherita è una storia quindi di tradimenti, di padri e madri che cospirano contro i propri figli e di figli che cospirano contro le proprie madri pur di compiacere quegli esclusivi club del mondialismo così tanto amati dall’avvocato.
Questa storia però sembra essere giunta ad un epilogo. Quando la figlia di Gianni Agnelli ha chiesto che venisse fatta giustizia su una manovra che l’ha esclusa volontariamente dai suoi diritti ereditari, la magistratura, improvvisamente e così immobile in passato, si è mossa.
Questo lascia pensare che forse qualche vistosa crepa nei piani superiori si è aperta e che si è vicini ad un redde rationem che potrebbe scuotere quegli assetti oligarchici che hanno tenuto in ostaggio per molto tempo le sorti economiche, ma soprattutto politiche, del Paese.
In palio non c’è soltanto quasi 1 miliardo di dollari che spetterebbe a Margherita Agnelli, defraudata della sua eredità, ma le sorti dell’Italia intera.
Si vedono da tempo i segnali di una volontà di dismissione di alcuni beni da parte degli Elkann. La fabbrica della Maserati a Grugliasco è stata messa in vendita e sul mercato sarebbero anche La Stampa e La Repubblica, quotidiani parte degli organi di propaganda degli Elkann, e persino la stessa Juventus.
Sembrano essere tutti segni di una prossima liquidazione generale poiché l’epoca della finanza speculativa e della globalizzazione selvaggia sembra essere al tramonto.
Se Margherita Agnelli dovesse avere giustizia sulla sua eredità, questo sarebbe una sorta di colpo di grazia per gli Elkann che probabilmente accelererebbero ancora di più il processo in corso.
Sono cerchi famigliari e politici che si chiudono. Sono cerchi che fanno pensare che un’epoca, quella delle oligarchie neoliberali, è finalmente giunta al suo termine.
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Grazie, articolo stupendo! Sapevo dei complotti familiari e addirittura della estromissione violenta di Edoardo dalla guida dell’azienda più importante d’Italia perché vicino ad una cultura anticapitalista e addirittura di spessore metafisico ed escatologico totalmente agli antipodi rispetto a quella che permea i circoli finanziari massonici occidentali. Ma mai avrei pensato che addirittura il capo famiglia Gianni avesse svenduto non solo l’azienda ma finanche suo figlio a questi lupi travestiti da agnelli. Pensavo che questa sciagura fosse avvenuta per ingenuità (mettersi i serpenti dentro casa amavo dire..): avevo dimenticato che fu proprio l’avvocato ad estromettere il figlio Edoardo, magari senza sapere che era previsto perfino l’omicidio per il figlio. Che tristezza: mi auguro che questi complotti vengano fuori e gli usurpatori paghino fino in fondo tutte le loro malefatte!
Grazie mille, Rino.
Il figlio Edoardo si interessava molto di esoterismo spiritualità, persona molto sensibile! Un pesce fuor d’acqua in quell’ambiente
Chissà mai riaffiorasse torbido affaire scomparsa Edoardo Agnelli… erede di Avvocato… frettolosamente archiviata come suicidio perfetto!…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/
Gigi Moncalvo ha scritto ottimi libri sull’impero Agnelli Elkann li consiglio di leggerli, sei d’accordo Cesare?
Non li ho letti a dire il vero. Ho letto solo degli articoli dove ci sono citati fatti molto importanti.
Mi piace pensare che l’intervento della magistratura, in questo caso, forse potrebbe essere conseguenza anche della recente scomparsa di protagonisti delle elite globaliste, come la regina Elisabetta II, Kissinger, Jacob Rotschild. Grazie a legami che cominciano ad allentarsi. Anche Bergoglio di recente si è permesso giudizi più consoni al suo ruolo finora disatteso. Mi viene in mente quel lungo blakout di qualche anno fa in Vaticano e la successiva processione mattutina di auto targate CDV.
Dopo aver letto il tuo articolo mi sono ricordata dell’intervista di Tiziano Terzani a Giovanni Alberto Agnelli, che si trova nella sua raccolta di articoli “In Asia”. L’ho riletta e ho trovato lì la citazione che fai. Era davvero una bella intervista e lui era una persona che aveva veramente tanto da dare. Però citava come esempio di capitalismo filantropico i Ford…e i Rockfeller!
Citava i Rockefeller, Irene, perché ad essere intervistato, mi pare di aver capito era Gianni, non Edoardo.
Giovanni Alberto, che tu chiami Giovannino. Può anche darsi che fosse in buona fede: le attività sociali hanno sempre i loro meriti.
ah scusami. Sì, certamente non sono proprio i “modelli” giusti da citare ma Giovannino non appareva affatto un rapace finanziario a differenza invece degli attuali Elkann.
peccato che per i tedeschi Fiat significhi Fehlers in alle teile ovvero errore in ogni pezzo…per cui la presunta superiorità italiana in fattp di auto è solo un’invenzione di chi scrive su questo blog catto-sovranista…
Ci mancava il tipetto che pensa di essere esperto di auto e non capisce nulla. L’Italia era la quinta potenza automobilistica al mondo negli anni 70 e 80 e la VW faceva dei bidoni netta inferiori alla FIAT. Fatto riconosciuto da qualsiasi serio esperto. Ma già uno che si mette a fare l’avvocato dei tedeschi e che scrive “catto-sovranista” fa capire che razza di poveretto sua..