di Cesare Sacchetti Questa storia si può definire senza timore di smentita come uno dei più grossi...
5 miliardi di euro: chi ha rubato il tesoro di Gheddafi?
di Cesare Sacchetti
5 miliardi di euro. E’ l’enorme somma da capogiro che in questi anni è maturata sui quattro conti correnti di Muammar Gheddafi in Belgio è che apparentemente è sparita nel nulla.
La rivelazione è stata fatta lo scorso lunedì dalla televisione pubblica belga RTBF che ha documentato come il tesoro dell’ex rais ad oggi sia stato sottratto illegalmente dai suoi conti esteri in Belgio.
La guerra civile del 2011 e il sequestro dei fondi del raìs
A margine dell’intervento armato della NATO in Libia contro Gheddafi, l’ONU diede ordine di congelare tutto il patrimonio del colonnello libico che si trovava sui conti bancari all’estero.
Il Belgio ha eseguito solo parzialmente l’ordine delle Nazioni Unite, dal momento che i soldi sui conti sono stati effettivamente congelati, ma non gli interessi su questi che hanno continuato a maturare in tutti questi anni fino a raggiungere l’astronomica cifra di 5 miliardi di euro.
Nessuno ad oggi è in grado di spiegare dove siano finiti quei soldi, e perchè soprattutto le direttive emanate dal palazzo di vetro a New York siano state disattese.
Interpellato dai microfoni di RTBF, l’attuale ministro degli Esteri belga Didier Reynders – a capo del dicastero delle finanze nel 2011 quando scoppiò la guerra civile in Libia – dichiara di non essere responsabile della decisione sullo sblocco dei fondi di Gheddafi.
“Questa decisione è responsabilità del ministro delle Finanze. Non ho più ricoperto tale carica dal 6 dicembre del 2011 e non ho preso alcuna decisione al riguardo”, così si è espresso Reynders sulla vicenda.
Tuttavia molte domande restano ancora senza risposta. Se non è stato Reynders ad ordinare lo sblocco dei fondi, chi nell’esecutivo belga ha dato l’ordine di scongelare i fondi dell’ex rais e soprattutto dove sono finiti quei soldi?
Secondo le fonti citate da RTBF, una parte consistente di quei fondi sarebbero passati prima attraverso il Lybian Investment Authority, il fondo sovrano di investimenti libico fondato nel 2006 con il preciso compito di investire sui mercati internazionali i proventi ricavati dalla vendita del petrolio del paese.
Sul fondo sono depositati attualmente 67 miliardi di dollari principalmente investisti nei mercati azionari del Nord America e nell’UE.
L’inchiesta esclusiva della Tv belga sostiene che gli interessi maturati sui conti correnti belgi siano prima passati sul fondo sovrano libico, per poi finire di nuovo in Libia dove avrebbero finanziato attivamente i gruppi armati in lotta per la leadership del paese dopo la morte del dittatore.
Qualcuno quindi in Belgio ha di fatto avuto un ruolo nel finanziare le parti in lotta per il controllo della Libia.
Non va dimenticato che la guerra civile in Libia ha destabilizzato il paese, e ha permesso l’esplosione di una crisi migratoria senza precedenti che per prima ha investito l’Italia.
La morte di Gheddafi ha fatto comodo a molte potenze. La Francia su tutte, come ha rivelato recentemente Béchir Saleh, storico braccio destro del colonnello con il quale aveva un rapporto molto confidenziale.
Secondo Saleh, i motivi per il quale la Francia avrebbe avuto interesse alla caduta di Gheddafi avrebbero avuto a che fare con una partita di rifornimento di armi che Tripoli non voleva acquistare da Parigi.
La Francia è stata senz’altro il paese che ha giocato un ruolo decisivo nel cambio di regime in Libia nel tentativo di sottrarre all’Italia la sua relazione privilegiata con Tripoli.
Attualmente Parigi ha stabilito un rapporto stretto con il generale Haftar, a capo della fazione del governo di Tobruk che controlla la Libia Orientale.
Il tesoro di Gheddafi è finito forse nelle mani di questo gruppo armato?
Domande alle quali sta cercando di dare risposta il giudice istruttore che sta conducendo il caso, Michel Claise, e che potrebbe portare ad un terremoto giudiziario tale da coinvolgere i massimi vertici del governo belga.
Il caso Gheddafi non è chiuso.
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